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Intervista agli autori e alle autrici del 31esimo Trofeo RiLL e di SFIDA 2025 pubblicati nell’antologia URBS SANGUINUM e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni
di Alberto Panicucci
[pubblicato su RiLL.it nel dicembre 2025]
La ventitreesima uscita della collana Mondi Incantati è l’antologia URBS SANGUINUM e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni, presentata da RiLL a Lucca Comics & Games 2025.
Il libro, edito da Acheron Books e curato da RiLL, contiene 12 racconti: 8 sono stati selezionati nell’ambito del 31esimo Trofeo RiLL e SFIDA (cioè i concorsi banditi nel 2025 dalla nostra associazione), mentre 4 hanno vinto i premi esteri con cui il Trofeo RiLL è gemellato.
Come è ormai tradizione, dedichiamo agli autori e alle autrici dei racconti premiati del 31esimo Trofeo RiLL e di SFIDA 2025 un’intervista collettiva, con l'obiettivo di approfondire le caratteristiche di ogni storia, e (speriamo!) incuriosire lettori e lettrici...
Prima di passare alle domande e alle risposte, ricordiamo che URBS SANGUINUM e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni è disponibile presso RiLL, al prezzo speciale di 10 euro (spese postali incluse), ed inoltre anche su Amazon, Mare Magnum, Toscana Libri (al prezzo di 10 euro, più spese postali).
Fatte le dovute premesse, iniziamo a parlare dei racconti classificatisi ai primi cinque posti al termine del 31esimo Trofeo RiLL, e che aprono l’antologia Mondi Incantati del 2025.
Tali cinque testi sono stati selezionati (da aprile a settembre 2025) fra i 437 racconti ricevuti. La trentunesima edizione del concorso è stata infatti la seconda di sempre per numero di racconti partecipanti...
E quindi nuovamente ringraziamo tutti/e i/le 349 autori e autrici, residenti in Italia e all'estero, che ci hanno inviato racconti: la fiducia che ci avete accordato ci onora, e anche per questo lavoriamo a un Trofeo RiLL sempre migliore.
I cinque racconti premiati del 31esimo Trofeo RiLL sono opera di quattro autori e un’autrice. Per tre di loro si tratta della prima pubblicazione su un’antologia Mondi Incantati, e siamo ben felici di accoglierli nella nostra community!
Il libro prende il titolo dal racconto di Emanuele Arciprete primo classificato: Urbs Sanguinum.
È una storia strettamente legata alle tradizioni napoletane (la città dove Emanuele è nato e vive), e che ha per protagonista un personaggio classico della letteratura fantastica: un vampiro, qui attratto dalle diverse reliquie di sangue cittadine. A Napoli, infatti, oltre al celeberrimo sangue di San Gennaro, sono numerose le reliquie di sangue, tanto che la città è stata definita “città dei sangui”, anzi: “urbs sanguinum” (come ricorda anche la citazione in testa al racconto, tratta da un diario di viaggio - del 1632! - dello scrittore francese Jean-Jacques Bouchard).
Visto questo dato di fatto, e volendo scrivere un racconto fantastico ambientato a Napoli, è in effetti abbastanza naturale pensare a un vampiro come protagonista... ma, come sempre, pensarci non è da tutti.
Emanuele, a te come è venuto in mente?“Curiosamente, che a Napoli si annidino diverse reliquie ematiche, non il solo sangue di San Gennaro, e che alcune di queste ancora oggi vadano sciogliendosi e risolidificandosi più volte durante l’anno, è ignoto alla maggior parte dei partenopei. Io stesso l’ho scoperto mentre approfondivo in autonomia i miei studi. Ed è una consapevolezza necessaria allo sviluppo di qualunque storia, fantastica o meno. Perché Napoli trasuda misteri, magia ed esoterismo, e tutto sta nel saper collegare i puntini tra loro. Poi, naturalmente, se si ha un debole per il tema del vampirismo, come nel mio caso, il collegamento sorge ancora più spontaneo.
“Inoltre, a giocare un ruolo nell’associazione Vampiro / Sangue dei Santi è stata anche l’ironia. L’intero racconto, infatti, è strutturato come una vera e propria barzelletta, e in questo credo di essere stato influenzato da altri grandi esempi artistici, sempre carichi di un umorismo un po’ dissacrante, come la novella di Boccaccio di cui è protagonista Andreuccio da Perugia, o lo strepitoso film Operazione San Gennaro, di Dino Risi, con protagonista Nino Manfredi.”
Urbs Sanguinum è senza dubbio un racconto che si apprezza anche per il giusto pizzico di humor nero che Emanuele sparge nella storia, insieme all'uso ben dosato del dialetto, che trasporta i lettori nella Napoli di oggi, senza però intaccare la fruibilità del testo.
L'altro aspetto rimarchevole del racconto è il grande lavoro di documentazione che si intravede fra le righe, che però non va mai a discapito dell'aspetto più strettamente narrativo che, dovendo raccontare una storia, deve essere preminente.
Quindi, Emanuele, vorrei chiederti come hai schivato il rischio di risultare didascalico...
“Dopo aver passato in rassegna numerosi saggi sull’argomento (uno su tutti: Il segreto di San Gennaro, di Francesco Paolo de Ceglia, edito da Einaudi), ho agito per sottrazione, domandandomi cosa fosse opportuno conservare e cosa no; cosa dovessi spiegare e cosa soltanto far intuire. Il rischio di scivolare nel nozionismo o, peggio ancora, nella pedanteria, era in agguato, e la stesura del racconto ha subito un graduale processo di asciugatura – una sorta di
labor limae – condotto sia in silenzio sia con riletture ad alta voce. Ho così ottenuto che alcuni dettagli di natura storico-antropologica emergessero con sufficiente spontaneità dai dialoghi dei personaggi, anche ricorrendo al linguaggio dialettale. Altre piccole informazioni sono invece state lasciate in ombra o appena accennate. Riemergeranno, posso anticiparlo, all’interno di una raccolta più ampia, dal titolo Gotico Napoletano, a cui sto attualmente lavorando.”
Sicuramente Urbs Sanguinum è un racconto solido, di atmosfera e di suspence, che descrive in modo efficace una Napoli dark e coinvolge da subito i/le lettori/lettrici con la sua trama.
Con il secondo classificato ci spostiamo in ambito fantascientifico: Quando venne la pioggia, del veronese Andrea Porcu, è il racconto di un popolo in cerca di un proprio (nuovo) posto in un mondo post apocalittico. È una storia sicuramente ricca di spunti. Ma, essendo la tribù protagonista nomade, il primo elemento che salta agli occhi è che parla di vite in cammino, sospese fra crescita personale, momenti di dolore e cambiamenti collettivi.Inoltre, il racconto ha un retroscena, legato al modo in cui il suo autore ha iniziato a pensare di scriverlo.
Andrea, vuoi svelare la genesi della tua storia, e parlarcene più diffusamente?
“L’idea di Quando venne la pioggia è nata leggendo un racconto di una delle vostre antologie, cioè Le Case che abbiamo perso, vincitore del 29esimo Trofeo RILL. In quella storia Francesco Corigliano immagina un mondo in cui le case si spostano, e le persone ne aspettano l'arrivo, per poterne abitare qualcuna. Un'ambientazione folle, originale. Mi ha fatto riflettere su quante cose diamo per scontate – ad esempio il fatto che le case debbano stare ferme.
“Da lì ho cominciato a guardarmi intorno. Il sole, il vento, la pioggia… ecco: quella mi intrigava. La pioggia non c’è sempre, ha i suoi ritmi, le sue assenze. Eppure la diamo per scontata.
“Quella scintilla è rimasta lì, latente. Nei mesi successivi ho iniziato a costruirci sopra un mondo: una Terra di migliaia di anni nel futuro, devastata dal cambiamento climatico, dove dal cielo non cade più una goccia d'acqua. La tecnologia è svanita, la civiltà estinta, o quasi. Ci sono creature nomadi, in continuo movimento per non esaurire le poche risorse di un suolo arido e ostile.
“In un mondo così avverso, ogni certezza è un bene prezioso. La conoscenza umana è andata perduta, e allora serve dare un nome alle cose. Devi sapere che quello è un ViolaTubero e che scavando sotto di esso puoi trovare acqua, o che tagliando un Millespine puoi berne il succo. Anche le persone, quindi, devono avere nomi funzionali: PrimaLancia, SerbaCibo, ScacciaGuai. Così ognuno sa cosa deve fare, cosa la tribù si aspetta da lui.
“Ma, quando arriva la pioggia, porta con sé il cambiamento. E cambiamento significa opportunità, ma anche difficoltà, dolore, la fine delle certezze. E in questo nuovo mondo i vecchi Nomi non bastano più... ed ecco la storia al centro del mio racconto.”
Quando venne la pioggia è un racconto dal ritmo lento ma allo stesso tempo epico, che fotografa il passaggio dal nomadismo alla stanzialità di un popolo che vive in un pianeta per nulla ospitale. Il cambiamento del modo di vivere è posto al centro del rapporto fra due generazioni, comunicando così un senso di evoluzione (evoluzione che si estrinseca anche nel processo di nomenclatura delle cose: la tribù protagonista dà infatti un nome a tutte le “cose nuove” che via via scopre e che entrano nella vita quotidiana). Insomma, un efficace mix di ingredienti per un meritato secondo posto!
Al terzo posto della classifica troviamo un'autrice pluri premiata nei concorsi RiLLici: Marta Bonaventura (è stata infatti la seconda classificata al Trofeo RiLL nel 2022 e vincitrice ex aequo di SFIDA 2023).
Senza timore di spoilerare, aggiungiamo che Marta quest'anno porta a casa una bella doppietta, visto che il suo Tornando a casa è uno dei testi vincitori (ex aequo) di SFIDA 2025 (e infatti ne parleremo diffusamente più avanti in questo stesso articolo).
Inoltre, in questo 2025 abbiamo potuto infine applaudire Marta Bonaventura alla premiazione a Lucca, cosa nient'affatto banale, visto che l'autrice romana vive da parecchi anni a Londra (il che, ovviamente, complica la logistica!).
Passando a La seconda regola, terzo classificato al 31esimo Trofeo RiLL, è racconto horror che si regge su tre elementi: il senso dell’imminente trionfo della “giustizia”, la percezione di una vendetta pronta a compiersi con violenza e la tensione costante nell’interazione fra le due protagoniste (un'anziana donna che vive in una casa di riposo e l'infermiera caposala).
La scelta di una protagonista non più giovane richiama altri racconti di Marta che abbiamo premiato in passato (oltre che il già citato Tornando a casa). Quindi, Marta, vorrei chiederti prima di tutto se questo elemento è casuale o meno. E poi: Maria sembra una vecchina indifesa che lavora a maglia la sua lana, ma quasi subito viene svelato che in realtà è una strega. Ecco... perché una strega in un ospizio? È davvero una scelta curiosa!“Penso che la risposta a questa domanda sia tripartita.
“Innanzitutto, c’è quella che credo essere una naturale, se in qualche modo sfortunata, tendenza a considerare che gli ideali protagonisti della narrativa fantastica siano (molto) giovani adulti; e mentre per certi contesti questa è quasi una necessità, con il personaggio iniziato ad un nuovo contesto, magico, fuori dall’ordinario, ed il lettore ad accompagnarlo nella scoperta, trovo più interessante quando la storia viene presa dall’altro lato: quando la crescita ha già avuto luogo, e non c’è bisogno di introdurre il personaggio ad un nuovo
mondo - il personaggio è qui l’esperto.
“Una persona di una certa età è poi una persona che ha avuto il tempo di maturare: arriva con una personalità di lungo corso, opinioni sedimentate, nel
bene e nel male, uno storico alle spalle. In un certo senso, è un personaggio prefabbricato, e che ben si accomoda in un racconto breve.
“Infine, la presenza di un personaggio anziano genera immediatamente nel lettore una sorta di aspettativa di vulnerabilità; un’idea di fragilità presunta nella narrativa. Mettere la vecchina in una casa di riposo crea l’illusione di averla disarmata: lasciare che la stessa vecchina abbia il suo sanguinolento momento di vendetta alla fine del racconto conclude (con grande soddisfazione) l’inversione di rotta.”
La seconda regola è una storia horror bella tosta, con la particolarità di essere ambientata in un ospizio, dove Maria, un’insospettabile vecchia strega, lavora a maglia per creare una bambola vendicatrice… un racconto molto ben condotto, che raccomandiamo convintamente.
In quarta posizione troviamo La donna cervo, firmato da Giorgio Smojver, autore con già molte pubblicazioni all'attivo e in passato più volte premiato nei concorsi RiLLici (al Trofeo RiLL nel 2022 e nel 2023, senza scordare SFIDA 2021). In effetti, alla premiazione a LCG 2025, l'amico Giorgio era il veterano delle nostre cerimonie finali, e lo abbiamo con piacere applaudito anche quest'anno.
La donna cervo è un racconto fantasy che mischia con eleganza fiaba, folklore e mito, narrando a ritroso, con un classico quanto efficace flashback, la caduta del Ducato di Merania, in un Medio Evo fantastico ma assolutamente credibile.
Giorgio, vorrei chiederti di parlare dell'aspetto femminile della tua storia. La voce narrante, infatti, è quella di Reinhard, definito sin dalle prime righe come "il migliore cacciatore dell'Impero", e in effetti il racconto è pieno di riferimenti a caccia, guerre, banchetti, tutti elementi molto maschili. Però la co-protagonista è Viola, la moglie italiana di Reinhard; anzi, tu stesso mi hai chiarito che lei è il personaggio in cui tu ti riconosci, e con i suoi occhi tu hai sempre guardato la storia. Inoltre, il racconto fa riferimento a una figura leggendaria e tipicamente maschile, il re cervo, che qui viene però re-interpretato al femminile. Mi sembrano rivisitazioni molto interessanti...“La donna cervo nasce da un’idea semplice: un cacciatore e una preda misteriosa.
“Il cervo è una presenza dominante nell’immaginario medievale e ho voluto, contro gli schemi, che fosse una donna cervo, simbolo a un tempo di forza e vulnerabilità.
“Inoltre, originariamente, doveva essere un racconto a due personaggi. Catturata dal cacciatore Reinhard, Selvaggia (la donna cervo, NdR) accetta di entrare nell’ordine sociale e di divenire sposa del Duca, ma pone delle condizioni a difesa del suo mondo, la foresta; patti che l’arroganza del Duca infrangerà, provocando la rovina del suo casato. Il personaggio di Viola, la moglie di Reinhardt, nasce dopo, come punto di equilibrio: sensibile, colta, usa erbe e resina per pozioni e unguenti ed è conscia delle potenze immanenti nella Natura e pronta a fare con esse un patto per proteggere la propria famiglia. È divenuta la mia voce e il mio sguardo.
“Questo ruolo non poteva essere di Reinhardt, coraggioso cacciatore e guerriero, ma obbligato dal suo vincolo feudale verso il Duca ad agire anche contro la propria coscienza. Invece Viola, donna e straniera – l’ho voluta italiana – poteva avere uno sguardo libero, persino critico verso la gerarchia sociale medievale sullo sfondo del racconto...”
La donna cervo è una sorta di favola pagana, efficace sia per il ritmo con cui è narrata sia per la cornice medievale, insieme storica e leggendaria, nella quale si sviluppa la sua trama. Un racconto da leggere d'un fiato.
Infine, al quinto posto, ecco I violini d'autunno, scritto da Mauro Bennici, residente in provincia di Torino ma originario di Palermo.
E proprio a Palermo si svolge il racconto: una distopia classica, che immagina un futuro devastato da una catastrofe ambientale; in questo contesto si muove il protagonista, Andrea, un giovane padre che tenta di proteggere i propri cari.
L'aspetto forse più particolare è che fra le righe il racconto indica quel che è veramente importante salvare: e, oltre alla propria pelle e alla propria famiglia, c'è anche (sorprendentemente?) la letteratura, la poesia. L'autore lo suggerisce sin dal titolo (una citazione della celebre lirica di Paul Verlaine, lirica che avrà poi un ruolo anche nella trama), e con il “dettaglio” della fiaba col draghetto, che la figlia del protagonista chiede testardamente come storia della buonanotte.
Mauro, in effetti questo elemento merita di essere approfondito e spiegato...“Due frasi mi sono rimaste dentro dagli studi sull’animale uomo.
“La prima è una riflessione di Alberto Angela sulla percezione del tempo: la vita di una generazione dura 30 anni, quella di una famiglia 60. Trenta famiglie fa eravamo in pieno Impero Romano. Dire trenta famiglie (come le nostre, legate da nonno a nipote) fa molto più effetto che dire 1800 anni fa.
“La seconda riguarda i nostri inizi come specie. Dopo aver mitigato il problema del cibo e difeso la propria tribù, il primo ominide tracciò una storia su un muro, usando solo le mani e il carbone del focolare.
“Nel mio racconto, la letteratura è il collante tra le generazioni. Certo, il protagonista deve salvare sé stesso e la propria famiglia, ma scopre che non c’è futuro senza storie da tramandare.
“E questa non è solo fantascienza. Nel mio impegno, anche professionale, su Etica e Intelligenza Artificiale, mi scontro ogni giorno con credenze e paradossi. Per esempio, il Medioevo digitale: un periodo in cui una massiccia perdita di dati digitali renderà impossibile per i nostri discendenti ricostruire la nostra storia, come civiltà, come comunità, come individui. Beh, questo periodo è già iniziato. Nel 1995. Trent’anni fa. Da trent’anni storici, sociologi, antropologi, informatici lottano per recuperare e preservare la nostra storia digitale.
“I violini d’autunno, quindi, è un invito: tramandare una storia, su carta, su server, su un muro, leggendola ai nostri figli, è un gesto profondamente umano.”
I violini d’autunno alterna abilmente ritmo e azione, da una parte, e passaggi più intimi, legati alle emozioni - anche minute - dei personaggi. E forse è proprio questa la chiave della sua efficacia.
Oltre al 31esimo Trofeo RiLL, nel 2025 RiLL ha organizzato anche SFIDA: l’annuale premio gratuito che riserviamo agli autori e alle autrici giunti/e una o più volte in finale al Trofeo RiLL.
Il nome del concorso deriva dalla SFIDA che RiLL propone ai/alle partecipanti: scrivere un racconto fantastico partendo da uno (o più) vincoli esterni, decisi da RiLL di edizione in edizione.
Nel 2025 abbiamo voluto collegare SFIDA a un autore importante per la letteratura italiana (fantastica e non) dello scorso secolo: Italo Calvino, di cui ricorre il quarantennale della morte.
In particolare, tutti i racconti partecipanti dovevano essere ispirati alla frase:
La fantasia è un posto dove ci piove dentro
(Italo Calvino, “Lezioni Americane”)
Questa frase è tratta dalla lectio intitolata “Visibilità”, facente parte delle “Lezioni Americane” di Italo Calvino, ed è una rielaborazione, dichiarata da Calvino stesso, di un verso di Dante Alighieri (“poi piovve dentro a l’alta fantasia”, Divina Commedia, Purgatorio, Canto XVII).
Ovviamente, per partecipare non era necessario leggere le “Lezioni Americane” (né il Purgatorio!). Volevamo infatti omaggiare Calvino, ma lasciando – come sempre per SFIDA – massimo spazio alla creatività di ogni partecipante (i.e. scelta del genere, della trama etc.).
I racconti ricevuti sono stati letti e valutati da Alessandro Corradi, Daniele Pagliuca, Alberto Panicucci, che hanno scelto i tre testi vincitori, tutti pubblicati nell’antologia URBS SANGUINUM e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni.
I racconti selezionati nell'ambito di SFIDA sono da sempre vincitori ex aequo, visto che il concorso mette in palio la pubblicazione sul Mondi Incantati dell'annata.
Dal 2008, però, viene assegnato il premio speciale Lucca Comics & Games: un riconoscimento che il festival attribuisce a quello che individua come il migliore fra i testi vincitori di SFIDA. Per il 2025 questo premio speciale è andato a Cantando sotto la pioggia, di Francesco Pone (napoletano di nascita, ma residente a Terni).
Nonostante il titolo citi apertamente la celebre commedia musicale con Gene Kelly, Cantando sotto la pioggia è un racconto di fantascienza distopica che, tra le righe della cornice futuristica, affronta il delicato tema della disabilità.
Francesco, come sei arrivato a optare per questo connubio un po' spiazzante: fare riferimento ai musical (che normalmente associamo a storie leggere) per raccontare una storia che è invece molto dura (qualcuno potrebbe definirla tragica, visto il finale)? “Anche se la forma definitiva del finale del racconto è emersa soltanto scrivendolo, la verità è che questa storia non poteva che finire così. Infatti, quel che mi ha spinto a scrivere Cantando sotto la pioggia è stato il desiderio di raccontare la disabilità dal punto di vista di coloro che si prendono cura di essa: i cosiddetti caregiver (nel caso del racconto, una madre).
“Ne ho conosciute di madri, nella mia carriera di insegnante di sostegno, e vi ho trovato sempre una sorta di sconfitta ma indomabile combattività: contro il mondo, contro la sorte, contro sé stesse e i propri desideri. Volevo che il racconto restituisse tutto questo, e ho deciso di ambientarlo in un mondo futuro e tecnologico perchè volevo sfidarmi a trovare gli aspetti universali di questo tipo di esperienza. In un mondo dove un braccio può essere sostituito, chi può essere disabile?
“Dopo averci riflettuto, ho trovato una risposta diversa da quella che mi aspettavo: chi può essere più disabile di chi vuole solo ballare in un musical ma non possiede un corpo suo?
"Ovviamente, per rendere tutto verosimile, ho dovuto fare un'inattesa operazione di world-building, chiedendomi quali potessero essere i problemi del mondo tra cento anni, e ho immaginato luoghi funestati da altri tipi di impossibilità. Così la mia protagonista si è trovata ad abitare in un mondo a sua volta disabile, i cui bambini non possono più giocare con i piedi dentro una pozzanghera. Lo iato tra ciò che si desidera e ciò che si può è diventato il tema centrale del racconto e, con un tema di questo genere, la storia non poteva avere un finale diverso.
“Eppure, per me il finale è meno cupo di quel che sembra: perchè nella sconfitta viene trovata una vittoria, una risoluzione, ed è molto più di quanto succede di solito nella realtà.”
(nella foto: Francesco Pone insieme a Emanuele Coltelli, responsabile della Sala "Giovanni Ingellis" di Lucca Games, che lo ha premiato a nome del festival)
Cantando sotto la pioggia ci conduce in un mondo distopico, soprattutto da un punto di vista climatico, in cui nessuno si augurerebbe di vivere. Ma tutto questo è in secondo piano rispetto al rapporto fra la madre e il figlio protagonisti. Primo non ha un corpo: è "solo" uno schema neuronale salvato in uno Psicochip, che viene installato di volta in volta in corpi fisici o proiettato olograficamente. Eppure Primo sogna di cantare e ballare in un musical, è il suo più grande desiderio, e il modo in cui lo realizzerà è proprio la chiusa, feroce ma emotivamente intensa, del racconto.
Ugualmente, i rapporti fra i personaggi sono centrali anche in Il Colore del cielo, di Antonella Mecenero (autrice pluri premiata nei concorsi RiLLici, e alle cui storie fantasy abbiamo dedicato l'antologia La Spada, il Cuore, lo Zaffiro).
Il colore del cielo è un racconto distopico che immagina una città racchiusa in una valle, protetta dalle pericolose radiazioni solari da una costante coltre di nubi. In questa città si muovono Anwili e Amesh (madre e figlio) e Fedra, grande amore giovanile di Anwili, che lei ritroverà inaspettatamente. Il racconto fa intravedere un world building assolutamente non banale per una storia breve e, come spesso capita con SFIDA, possiamo dire che è stato proprio il vincolo del concorso a stimolare l'ispirazione dell'autrice.
Antonella, vuoi spiegarci nel dettaglio?
“Le mie storie nascono a partire da frasi o immagini che si formano nella mia mente e mi incuriosiscono, spingendomi a esplorare quello che hanno intorno. Quando è arrivato lo spunto per SFIDA, la frase La fantasia è un posto dove ci piove dentro mi ha subito fatto venire in mente un'altra frase: Gli adulti conoscono il colore del cielo, ma non lo rivelano mai. La frase era corredata da un'immagine: due ragazzini, un maschio e una femmina, che correvano sotto la pioggia.
“Da qui sono partite una serie di domande, e in particolare: perché i bambini non conoscono il colore del cielo? Forse perchè le nubi proteggono da un sole pericoloso. Ma una società che si sviluppi sotto una coltre di nubi, magari in una valle, deve necessariamente essere piccola, con risorse limitate. Quindi ci deve essere un forte controllo delle nascite e una ferrea divisione dei ruoli, come nelle società strutturate in caste. Ecco quindi l'idea di ruoli sociali molto definiti, con l'introduzione di ormoni specifici per ogni casta, in modo che ci fossero anche differenze fisiche.
“In una società di questo tipo, il controllo delle nascite è vitale e si lega alla stabilità politica. Ecco dunque che i vertici di tale società hanno una maggiore libertà nel disporre dei propri corpi, mentre la classe intellettuale, cioè quella che potrebbe mettere in dubbio lo status quo, deve essere controllata proprio nel corpo: donne riproduttrici, costrette a una gravidanza dopo l'altra, e uomini sterilizzati e condannati a una dieta ipocalorica, entrambe condizioni disagevoli per organizzare una rivolta.
“Una volta stabilito tutto questo, sono tornata all'immagina di partenza, i due ragazzi sotto la pioggia, diventati a quel punto due adulti di classi differenti. E guardando la vicenda con gli occhi di Anwili, donna di alto rango ma solo apparentemente libera, è apparso evidente come per molte società sia una facile tentazione controllare soprattutto le donne, riducendole esclusivamente al loro ruolo riproduttivo.”
Sicuramente l’ambientazione de Il colore del cielo è affascinante, e sarebbe bello vederla ripresa e sviscerata in una storia più lunga da Antonella Mecenero. Che, ormai, è un'autrice a suo agio anche con la fantascienza, come testimonia il fatto che sia giunta due volte in finale al Premio Urania Mondadori (nel 2022 e nel 2024; per inciso, il suo romanzo "Ombre di sogni di stelle" uscirà nella collana da edicola della Mondadori fra pochi mesi, nella primavera 2026).
(foto di gruppo al termine della premiazione; da sinistra: Natalia Pola Miscioscia, Marta Bonaventura, Valeria De Caterini, Alberto Panicucci, Andrea Porcu, Mauro Bennici, Emanuele Arciprete, Giorgio Smojver, Emanuele Coltelli)
Proseguendo con i racconti di SFIDA 2025, troviamo il già citato Tornando a casa, di Marta Bonaventura.
È una storia ambientata ai giorni nostri, i cui due protagonisti, ormai anziani, sono sospesi fra il presente e il ricordo del loro passato. Ma, e questa è la particolarità del racconto, quel passato si è svolto in una dimensione parallela: Altra Terra, un mondo fantasy in cui i due (da giovani) sono stati, sostanzialmente, due eroi (un guerriero e una strega).
In un certo senso, la storia si può leggere come una sorta di riflessione sull’accettazione: da adolescenti, Miriam e Santo finiscono su Altra Terra e qui vivono le proprie avventure; poi, tornano indietro sulla "nostra" Terra: Santo lo accetta, e si costruisce una vita, Miriam no e finisce ai margini della società. Nel racconto queste scelte del passato vengono messe in discussione, e un ritorno su Altra Terra diventa forse di nuovo possibile...
Marta, che ne dici, è una buona chiave di lettura?
“Trovo questa interpretazione affascinante ed assolutamente valida. Personalmente, però, penso di essere arrivata al racconto dalla direzione opposta, poiché Tornando a casa è nato prima di tutto da una riflessione sul concetto di escapismo.
“C’è certo un’impressione negativa diffusa associata all’idea di
fuga dalla realtà: ma l’escapismo è prima di tutto un meccanismo di difesa contro le forme insostenibili della vita quotidiana. Contro il dolore, la noia, il tedio e l’ansia, l’immaginazione - il desiderio dell’altrove - costituisce il cemento di una barriera che permette non solo di tollerare quanto sarebbe altrimenti insopportabile, ma di aspirare all’altro, alla crescita, all’utopia. Senza le forme più costruttive di escapismo, credo, non sarebbe possibile immaginare un mondo migliore.
“In Tornando a casa, Miriam non è stata in grado - non ha nemmeno provato - a prendere quanto appreso su Altra Terra e farne qualcosa su questa Terra; Tommaso, che invece ha fatto del suo meglio, ogni giorno, e si è costruito una vita piena, viene lasciato abbattuto e sconfitto dalla perdita di quel qualcuno (la moglie, NdR) che aveva reso il quotidiano una battaglia meritevole di essere affrontata. Entrambi i personaggi si ritrovano in una situazione intollerabile all’inizio del racconto; Tornando a casa diventa in questo senso la storia di un’ultima fuga.”
Un’ultima fuga, per usare le parole di Marta, che coinvolge chi legge sin dalle prime righe, con due personaggi insieme teneri e tragici, deboli e forti, in una parola molto veri, e in cui è facile proiettarsi o riconoscersi.
Tornando a casa è davvero un'ottima chiusa per l'antologia Mondi Incantati del 2025.
Con la risposta di Marta Bonaventura concludiamo l’intervista collettiva agli autori e alle autrici selezionati/e da RiLL per l’antologia URBS SANGUINUM e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni (collana Mondi Incantati, ed. Acheron Books, 2025).
Speriamo che le loro risposte vi abbiano intrigato, e che vi spingeranno a leggere il libro.
Dopodiché, comunque e come sempre… la parola ai lettori/ lettrici!
È possibile acquistare URBS SANGUINUM e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni direttamente da RiLL, al prezzo speciale di 10 euro (spese postali incluse), oltre che su Amazon, Mare Magnum, Toscana Libri (al prezzo di 10 euro, più spese postali).
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Le foto di Emanuele Arciprete, Andrea Porcu, Marta Bonaventura e Giorgio Smojver sono di Gaia Baglini (staff LCG 2025).
La foto di Francesco Pone è di Emiliano Giannelli (staff LCG 2025).
La foto di Mauro Bennici è stata gentilmente fornita dall'interessato.
La foto di gruppo al termine della premiazione è di Andrea Tiburzi.