L'albero e il bruco

di Alberto Tarroni
Terzo classificato al III Trofeo RiLL

"Due gocce d'estratto, non di più, da mescolare con l’infuso ed è finita!"
"No mamma! Basta. Sono tre giorni che mi fai bere la medicina, è orribile, non la voglio".
"E invece la berrai e senza fare storie! Gym, invece di poltrire vicino al camino, prendi Gomp e vai dallo speziale a prendere altre erbe, ho appena usato le ultime".
Di mala voglia il ragazzo rivolse lo sguardo alla luce della finestra, pensando al freddo esterno. Poi un altro lampo attraversò la sua visuale, quello captato con la coda dell’occhio e proveniente dagli occhi di sua madre. Sapendo quanto poco fosse conveniente irritarla, in particolare quando c’era di mezzo sua sorella Gwen, il ragazzo decise saggiamente d'alzarsi.
"Prendi questo pezzo di formaggio. Speriamo che Art lo consideri sufficiente come pagamento -disse la madre- e non perderti per strada come tuo solito! Gwen ha molto bisogno di quelle erbe, maledetta siccità".
Il ragazzo s'incamminò per la via, con la consueta compagnia del proprio animale. Non sarebbe stata necessaria la presenza di Gomp per recarsi dallo speziale, ma la madre sapeva bene che era inutile cercare di dividerli. L’ultima volta che aveva provato era stato in occasione della lezione sugli altipiani superiori, tenuta per i giovani del villaggio dal venerando Saltrin. In meno di due ore la simpatica bestia, rimasta sola in casa, era riuscita a consumare e distruggere un numero così vasto di suppellettili e tessuti da potersi definire una catastrofe. E pensare che, per rimanere vicino Gym, generalmente non faceva che dormire davanti al fuoco.
Il sentiero, scavato dai frequenti passaggi, era poco trafficato. A quell’ora, la maggior parte degli abitanti era al lavoro. Il Consiglio dei Saggi era in riunione permanente da alcuni giorni e, essendo i suoi membri incaricati dell’istruzione, questo dava molto tempo libero ai ragazzi. Sarebbe potuta essere una favola, se soltanto ci fosse stato un poco di pioggia! Magari sfruttando i germogli dei vecchi tronchi, usandoli a mo' di trampolino, per tuffarsi in una delle generose pozze che si raccoglievano nelle anse del Grande Albero e farne una vera festa. Purtroppo, da mesi il cielo negava la sua ricchezza e le riserve, scarseggiando, erano rigorosamente destinate a placare la sete. Un bell’acquazzone avrebbe spazzato via molti malanni e, al tempo stesso, favorito la crescita del muschio e degli altri piccoli vegetali che nascevano sui piani meno frequentati del Grande Albero.
Ligio alle raccomandazioni ricevute, ma non senza rimpianti, Gym superò la svolta che portava al Giardino delle Danze, dove sapeva avrebbe potuto trovare molti amici e, insieme con loro, anche un ottimo motivo per incorrere nelle ire della madre.
Non era però soltanto la paura del rimprovero a trattenerlo. Certo Ellys, dopo la morte del marito, aveva dovuto crescere due figli vivaci da sola e, in queste condizioni, la sua severità si era inasprita. La malattia di Gwen, poi, non ne aveva migliorato l’umore, ma sapeva essere una madre gentile e premurosa. Non sentire le urla della sorellina pestifera era stata una piacevole novità per Gym, ma dopo il primo giorno la cosa gli era sembrata innaturale. Ora, dopo una settimana e con le condizioni che s'erano aggravate fino a portare Gwen a letto, tutta la famiglia era in pensiero. Persino Gomp, che non aveva mai avuto un gran rapporto con la più giovane dei suoi padroni, ora poggiava spesso il muso sulle coperte del letto dove giaceva la piccola, fino ad ottenere da lei una carezza.
La bottega dello speziale caratterizzava un angolino della via centrale del paese. Apparentemente piccola, l’attività proseguiva nel retro in un dedalo di magazzini, colmi d'ogni possibile essenza e costellati di contenitori di varia foggia e dimensione, impignati o deposti su profondi scaffali. Nelle stagioni giuste per la raccolta e la macerazione, tutta quella zona di abitato era letteralmente travolta da un fiume di profumi e fragranze, che spesso superavano i confini delle case andando a lambire le lande circostanti, portate dal vento.
Gym entrò nel locale ed attese che una cliente, con il proprio carico di cartocci e vasetti dallo strano contenuto, avesse finito gli acquisti.
Non gli dispiaceva aspettare, ricordando le poche volte che, per ritirare grosse quantità di particolari fertilizzanti, gli avevano concesso di passare oltre il bancone. Quel labirinto lo affascinava e gli sarebbe piaciuto poterne approfondire la conoscenza. Aveva persino pensato, tempo addietro, di penetrare di nascosto dal retro, in compagnia di alcuni amici. C’era un unico problema. Chiunque avrebbe potuto dimostrare la sua colpevolezza senza alcun dubbio. Infatti, Gym aveva da sempre dimostrato una forte allergia per molte delle sostanze raccolte, tanto da arrossarsi e gonfiarsi come una bacca matura. Anche ora, al solo pensarci, forse per qualche lieve traccia galleggiante nell’aria del negozio, il giovane sentiva istintivamente prudere le lunghe orecchie. Grattandosi distrattamente, s'avvicinò all’adulto dai lunghi baffi e dallo spesso grembiule macchiato da mille diverse tinte.
"Mastro Art, i miei rispetti ed i saluti di mia madre".
"Buongiorno a te, giovane Gym, ti trovo bene, anche se con le orecchie un poco arrossate".
Gym smise di grattarsi, leggermente irritato per la perspicacia del suo interlocutore, quasi che i suoi pensieri precedenti gli fossero stati letti nella mente.
"Sono venuto a ritirare le erbe per mia sorella. La mamma le invia questo, nella speranza che possa bastare al pagamento", disse aprendo il fagotto col formaggio.
"Sono spiacente, Gym, ma devo rinunciare alla tua bella forma, purtroppo. Non ho più una sola misura di quello che mi chiedi; in questi giorni ho venduto gli ultimi quantitativi. Tutta colpa del clima secco; le malattie non decorrono e le piante nuove non crescono. Di questo passo, molto presto esaurirò le scorte dei miei principali ingredienti".
"Ma come possiamo fare? Mia sorella ha bisogno della sua tisana. Mamma dice che deve berla assolutamente ogni giorno, se vuole guarire".
"Non so cosa risponderti, mio piccolo amico. Non conosco neppure qualcuno che possa rinunciare a delle quantità di queste sostanze. Chi ancora ne ha, le tiene scrupolosamente, ma ormai sono pochi e senza abbondanza. Tutto quello che posso darti è un calmante per i dolori. Ci aggiungo anche qualcosa per rinvigorire il fisico, utile contro la febbre, e questa polvere, da sciogliere in acqua per idratare la pelle. Mi raccomando, anche questi ora sono diventati elementi rari. E non preoccuparti del formaggio, questa volta offre la ditta".
Sulla via del ritorno, Gym rimase silenziosamente rinchiuso nei propri pensieri, a dispetto dell’allegra baldanza di Gomp, sempre pronto a nuovi spunti di gioco. A casa la notizia sortì un eguale effetto, con il risultato di precipitare nel silenzio la dimora, rotto soltanto da qualche guaito e dal crepitio del focolare.
Dopo tre giorni, le condizioni di Gwen destavano seria preoccupazione, diventando oggetto di pellegrinaggio da parte di tutto il vicinato. Purtroppo, a tante attenzioni non corrispondeva alcun miglioramento.
Per la sera del giorno seguente, il Consiglio dei Saggi si decise ad indire una grande assemblea, per aggiornare la popolazione dei risultati ottenuti dagli studi ed allo scopo di prendere importanti decisioni. Gli araldi percorsero le strade e le campagne leggendo il bando di convocazione. Tutti gli adulti del borgo e delle fattorie, fin dal tardo pomeriggio, cominciarono ad affollare la spianata prospiciente la Pala del Ricordo, parte integrante del Tronco Principale. Il grande altare, intarsiato con decorazioni raffiguranti la storia degli antenati, brillava alla luce dell’ultimo sole. I convenuti gremivano il luogo, in un cerchio di torce e fuochi.
Era sempre stato uno dei posti preferiti per le lunghe passeggiate estive con Gomp, per la sua maestosità e quell’alone di mistero che l'adornava quando era deserto. Non fu quindi un problema per Gym trovare un posticino panoramico ma riparato da occhi indiscreti, dove assistere agli eventi. Sapeva che era proibito a coloro che non avevano ancora superato la soglia dell’età adulta, ma la tentazione era stata irresistibile. Gwen era assistita dalla vecchia Lineor, che non se la sentiva alla sua età d'uscire di notte e che, da buona vicina, s'era offerta di badare ai ragazzi. Non era stato difficile sgattaiolare via approfittando di un suo sonnellino, al capezzale dell’inferma, ma s'era reso necessario riempire Gomp con una tripla razione di cibo.
Lo spettacolo di tutte quelle luci era tale da ripagare in ogni caso le difficoltà sopportate.
Il Maestro di Cerimonie, al centro della fila dei Saggi ai piedi della Pala, alzo le mani al cielo. Il silenzio scese fulmineo sulla piana.
"Figli miei, membri dell’ultima tribù, la Comunità dell’Albero, eredi e testimoni del popolo degli Gnomi, ascoltate". Un’energia palpabile avvolgeva l’atmosfera, come ad isolare quel puntino nella notte da tutto il resto dell’universo. "Fino dal giorno in cui, tre generazioni fa, il Grande Oblio avvolse la nostra terra noi, ultimi sopravvissuti di tutte le antiche razze gnome, abbiamo perpetuato la nostra stirpe, riuniti in questa comunità all’ombra benevola dell’infinito albero, protetti dal nulla circostante. Ora questo potrebbe non essere più possibile. Lo stesso Sacro Tronco ci lancia segnali che la siccità protratta così a lungo lo sta intaccando, mentre le osservazioni del cielo e degli astri ci dicono che la pioggia è ancora lontana". Un profondo brusio, come un fremito, scosse la platea. "Ma noi non ci arrenderemo! Il fuoco bruciò il nostro passato e la terra si rivolse su se stessa per inghiottire tutto ciò che fu, mentre pochi della nostra razza, utilizzando le grandi foglie come vele, cavalcarono l’immane calore per approdare in questo luogo di salvezza. Noi faremo in modo che rimanga tale. Abbiamo deciso: domani, una missione capeggiata da Caldar, il nostro migliore costruttore, si recherà in profondità fra le grandi radici, allo scopo di scavare un pozzo, da cui partirà l’acquedotto che rimedierà al pericolo dell’arsura".
Un rapido movimento, due ali si divisero fra la folla delle prime file. Apparve alla luce, ai piedi dell’altare e nuovamente il popolo, che aveva cominciato a rumoreggiare, si zittì d’incanto. Gym non l’aveva mai veduto, ma lo riconobbe immediatamente. Era Patrelar, il saggio eremita; egli non partecipava ai lavori del Consiglio e da molti anni s'era dedicato alle proprie meditazioni. Non era famoso per essere uomo di molte parole, anche prima del suo ritiro, e questa condizione doveva averlo reso ancora più ermetico.
"Credi forse che il tempo sia un bene illimitato?"
Tutti compresero cosa intendesse. Non sarebbe stato facile resistere fino al completamento dei lavori e molti, i più deboli, ne avrebbero pagato il prezzo.
"Patrelcar, lo sappiamo, ma non esistono alternative!", sentenziò il Maestro di Cerimonie.
Con un solo imperioso gesto, il vecchio puntò il dito verso l’alto ed esclamò: "Non terra, ma cielo! Gadda!"
"La solitudine ti ha toccato il senno? Gadda non esiste! L’unica cosa che si può rimediare cercando il mito è finire nella pancia di Gotar. Non cambieremo le decisioni del Consiglio per dei vaneggiamenti".
Gadda!, il giardino delle delizie, il luogo più fertile del Sacro Albero, favoloso e mai raggiunto. E irraggiungibile, perché posto alle spalle del nido di Gotar, la bestia mangiatrice! Fortunatamente, essa non scendeva mai dai territori più alti.
Fantasticando di simili storie, Gym rientrò a casa in tempo per non farsi scoprire dalla madre. Ma ormai il seme era gettato. Nella sua mente si faceva strada un'idea, sostenuta da un proverbio che, da piccino, gli ricordava sempre suo padre.
"Spesso il piccolo può riuscire dove il grande fallisce, perché ciò che è pesante e rumoroso non può andare dove ciò che è leggero e silenzioso riesce. Questo è lo spirito del nostro popolo".
Solo grandi cacciatori avevano tentato, ma lui era piccolo, minuto, sapeva camminare sul secco senza produrre suono e passava inosservato. La decisione era presa, avrebbe salvato sua sorella!
Il giorno successivo passò rapidamente, mentre il giovane provvedeva a risolvere due problemi fondamentali. Per prima la borsa. Di pelle robusta, con viveri, acqua ed il coltello che era stato di suo padre. Questo fu relativamente facile, anche se doveva stare attento a non farsi scoprire. Il secondo problema imponeva maggiore strategia, in altre parole come andarsene senza che Gomp lo seguisse. Non voleva metterlo in pericolo e non si poteva davvero dire che fosse un essere silenzioso! Il dilemma trovò soluzione con un'ulteriore razione di cibo ed una corda robusta, che finì al collo dell’animale e, all’altro capo, saldamente legata ad una gamba del letto.
Giunta l’ora del sonno, senza produrre alcun suono, Gym lasciò il letto e si diresse verso la porta di casa. Avrebbe potuto più facilmente andarsene dalla finestra ma, prima di lasciarle, volle dare un ultimo sguardo alla madre ed alla sorella. Ellys e Gwen erano distese insieme. Sul volto della prima, rimasto corrucciato anche nel sonno, i segni della sofferenza dell’altra. Una lacrima apparve e rapidamente fuggì negli occhi di Gym. Un attimo dopo era avvolto dalle tenebre della notte.
Non era difficile trovare la strada per Gadda; tutti sapevano dove fosse. Semplicemente, nessuno ci andava. Dopo aver camminato tutta la notte, assorto nei propri pensieri, il giovane gnomo s'era riposato, per riprendere il cammino nel tardo pomeriggio. In questo modo, furono pochi ad incontrarlo e nessuno di loro riuscì a rivolgergli la parola. Egli camminava con passo spedito, sapendo che avrebbe potuto insospettire, viaggiando da solo. Anche il secondo giorno dormì, per ripartire al tramonto, ma non viaggiò per tutta la notte. Trovò un angolo comodo, mangiò un poco di pane e formaggio ed un cucchiaio di miele. Non dormì subito, nonostante la stanchezza; la nostalgia faceva breccia nel suo cuore, eco lontano di voci amiche, pensiero rivolto al fuoco, alle frittelle della madre ed al muso peloso di Gomp. Avrebbe voluto non averlo lasciato a casa.
Il giorno seguente poté muoversi in piena luce. A quell'altitudine raramente circolavano gnomi. Come previsto non ne incontrò e fece il campo che il sole era ancora alto, per evitare, con il buio, d'inoltrarsi troppo in territorio vietato.
Il sonno irrequieto venne sovente funestato da incubi. Ad ogni sveglia di soprassalto, la sensazione di qualcosa strisciante nel buio, il ripetersi nella mente le parole di suo padre, per infondersi coraggio.
"Dimostra che sei uno gnomo, degno del tuo passato, di diventare adulto da coraggioso. Pensa a Gwen", si diceva, ma non sempre erano ideali espressi con convinzione. Solo il ricordo della sorella in pericolo gli impediva ormai di voltarsi e correre via a gambe levate.
La mattina seguente, poco dopo aver ricominciato la salita, Gym incontrò il primo tangibile segno del proprio avversario. Non più paure da bambino, ma avvisaglie tali da terrorizzare il più scaltro dei battitori.
Una scia di bava, biancastra e larga quasi due volte l'altezza del giovane gnomo, correva lungo tutto il ramo, indicando il passaggio del terribile Gotar.
"Coraggio", si disse fra sè, mentre avanzava con gambe tremanti portandosi oltre il bivio fra i tronchi. Lì, alla confluenza di due vie, la traccia era più asciutta, segno di un passaggio meno recente.
"Va in senso opposto al mio -urlò a se stesso- Posso farcela!"
Ed immediatamente prese a correre lungo il gigantesco ramo periferico, nella direzione del nido del mostro e dell’agognato Gadda. Ma doveva fare in fretta, se non voleva rimanere in trappola. Se il mitico animale avesse fatto ritorno prima che Gym fosse riuscito ad andarsene... il pensiero corse a quello che sarebbe potuto accadere. Non avrebbe avuto scampo!
Il ramo ora era cosparso di sostanza viscosa, depositata ovunque. Ad un certo punto, la divisione in tre diramazioni uguali. Nessuna di esse sembrava diversa dalle altre. Tutti rami uguali, costellati di fitto fogliame.
"Quale scelgo ora? Non ho il tempo di controllarle tutte; il Gotar può tornare da un momento all’altro".
Quasi istintivamente, una mano corse al lungo orecchio sinistro, cominciando a grattarlo, prima con noncuranza, poi con maggiore foga. Fu quello ad accendere la fiammella dell’intuizione.
"Sinistra!"
E cominciò a tendere il naso in quella direzione. Presto, l’insieme degli aromi si fece distinto. D’un balzo, il giovane gnomo attraversò il primo strato verde. Dopo un centinaio di passi, l’ultima foglia si spostò sotto la sua spinta, per mostrargli uno spettacolo incredibile. Una sorta di canestro, un intreccio formato dalla sostanza lasciata dal Gotar e una miriade di germogli, di tutti i tipi, che crescevano rigogliosi, evidentemente fertilizzati dalla linfa del terribile animale. Ci vollero alcuni minuti perché si riprendesse, tempo prezioso sprecato. Dopo altri cinque la sua borsa grondava di foglie, muschi e rametti, tutto ciò che aveva imparato a conoscere da Art. L’attimo successivo stava già correndo in direzione della salvezza.
Un movimento, brusco ed allo stesso tempo sinuoso, lungo la via principale. Era proprio di fronte a lui. Il Gotar! nessuna via di fuga. O forse no?
I lunghi filamenti sparsi lungo il ramo, composti da rampicanti e dalla strana sostanza viscosa, simili a liane. Non avrebbero potuto reggere un adulto, ma Gym... Un balzo, ed una muta preghiera, cercando di non guardare in basso, mentre il vento faceva dondolare il giovane, appeso sotto il passaggio. Tutto tremò, quando l’enorme bruco passò sopra di lui. Incredibile! non l’aveva veduto. Pochi attimi dopo, un piccolo gnomo correva in direzione delle radici, del proprio villaggio, della famiglia che l'aspettava, brandendo la sua borsa come una spada, con quel contenuto di fortuna e magia guaritrice.

"Veramente caldo oggi, che ne dici? Saranno mesi che non cade una goccia d’acqua. Di questo passo, tutto il verde della città se ne andrà in fumo".
"A proposito di verde, mi spieghi perché, quando hanno spianato il parco per costruire il parcheggio, hanno lasciato quell’unico albero? Sembra un’oasi nel deserto!"
"Pensavano potesse essere grazioso nel mezzo di una rotonda. Poi non se ne fece più nulla. Certo, almeno bisognerebbe innaffiarlo! Cercherò di ricordarmene quando farò rapporto. Andiamo ora, abbiamo altri tre semafori da regolare, prima di finire il turno!"


Alberto Tarroni è nato nel 1967 a Luino, sul lago Maggiore, al confine con la Svizzera, dove vive. Laureato in Scienze Politiche, lavora da anni nella Polizia Locale Associata di alcuni piccoli comuni. Ha lungamente assecondato la sua passione civile, ricoprendo diversi incarichi, fra cui quello di consigliere comunale. È membro del direttivo lombardo di Legambiente.
La lettura per lui è un amore nato con i fumetti e, in età adolescenziale, esploso con la letteratura fantastica: da Howard a Tolkien, da Asimov a Dick, fino ad Adams e Pratchett.
Ha partecipato a molti concorsi letterari, riportando spesso importanti piazzamenti o vincendoli. Suoi racconti sono usciti su antologie e riviste di molte case editrici.
Con “L’albero e il bruco” è giunto terzo al III Trofeo RiLL, nel 1997; inoltre è stato fra gli autori vincitori di SFIDA, altro concorso bandito da RiLL, nel 2011 (con “
Bella senz’anima”) e nel 2016 (con “L'Oro della città”), entrambi pubblicati nelle rispettive antologie "Mondi Incantati".



 

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