- Home
 - Chi siamo
 - Trofeo RiLL
 - Mondi Incantati
 - Memorie dal Futuro
 - Aspettando Mondi Incantati
 - Articoli
 - Catalogo
 - Altre attività
 
        Una breve panoramica sullo stato dell'arte dei giochi di narrazione, quei giochi di ruolo in cui è più spiccato            l'interesse per l'interpretazione, l'immedesimazione            nei personaggi e la creazione            di storie
di Lorenzo Trenti
[pubblicato su RiLL.it nell'aprile 2004]
Quest'anno il gioco di ruolo compie trent'anni: fu infatti nel 1974 che Gary Gygax ideò la primissima versione di Dungeons & Dragons, di fatto inventando i giochi di ruolo così come li conosciamo ora, nel bene e nel male. Perché "nel bene e nel male"? Nel bene perché, indubbiamente, i giochi di ruolo come forma definita di entertainment trovano in D&D il loro capostipite indiscusso; nel male perché spesso, pur dopo trent'anni, non ci si è discostati di molto dal modello di gioco offerto con Dungeons & Dragons.
           Questa emulazione, più o meno consapevole, era sfacciata nei            primissimi anni dell'hobby: spesso uscivano titoli che facevano il verso            all'originale, basti pensare a Tunnels & Trolls! Molti            giochi poi avevano classi del personaggio e livelli di esperienza, tutti            elementi caratteristici di D&D, considerati insomma uno            standard.
Il fantasy era il genere indiscusso, anche se non mancavano            alcune interessanti variazioni sul tema (Glorantha, Tekumel) o altre            ambientazioni. Si svilupparono in seguito una pletora di altri sistemi,            con alterne fortune, ma tutti impostati su idee di fondo simili: forse            non c'erano classi e livelli, ma il modulo di gioco era sempre piuttosto            simile a quello dei primordi.
Nel frattempo però ci si accorgeva anche che il gioco di ruolo            (GdR, d'ora in poi, NdP) è un mezzo estremamente duttile, capace di            proporsi in mille salse fino ad allargare a dismisura la definizione            stessa di GdR.
Amber, ambientato nel ciclo dei romanzi di Roger            Zelazny, propose nel 1991 il gioco di ruolo senza dadi e, pur con un            regolamento non leggero, contribuì ad aprire la pista di giochi            dove la narrazione fosse più importante della simulazione fine            a se stessa; discorso simile, in tempi più recenti, per quel            che riguarda Vampiri e gli altri giochi del Mondo di Tenebra            della White Wolf, che offrono molteplici strumenti per la conduzione            di una storia (anche se poi magari vengono usati per vicende più            vicine a Blade che a Intervista col vampiro: ma è            un diritto dei giocatori quello di giocare come vogliono!). Qualcuno            inizia anche a pensare che il gioco di ruolo in senso lato pre-esista            a D&D; dopotutto, la gente aveva l'abitudine di raccontarsi            delle storie da ben prima del 1974.
Non si intende in questa sede offrire una panoramica esauriente di            trent'anni di storia del gioco di ruolo, compito aggravato dal fatto            che oltre alla produzione editoriale professionale occorrerebbe tenere            presente anche il ricco sottobosco delle creazioni amatoriali e, soprattutto,            di quel che effettivamente avveniva e avviene nei vari gruppi di gioco            sparsi per il mondo. Sicuramente qualcuno ha iniziato a giocare senza            dadi da ben prima dell'uscita di Amber; e similmente, anche            se a tutt'oggi mancano giochi di ruolo editi e scenari espressamente            ruleless (ossia non solo senza dadi ma addirittura senza regole),            esistono diversi arbitri di gioco che propongono sessioni di gioco svolte            proprio in questo modo.
           Ciononostante, appare evidente che nell'ultimo decennio ci sia stato            un deciso tentativo di portare qualche novità nel modo di concepire            i giochi di ruolo.
Uno degli eventi più importanti da questo punto di vista è            stato la pubblicazione, sul finire degli anni '90, de Il gioco di            ruolo del Barone di Munchausen (in Italia edito da Rose            & Poison). Il gioco ricrea magistralmente lo stile delle            storie di Raspe a cui si ispira: i partecipanti impersonano infatti            una tavolata di nobili, boriosi e smargiassoni, in vena di raccontarsi            le più incredibili panzane per la ricompensa di un bicchiere            di vino; solo che lo spunto viene dato a ogni giocatore dal suo vicino            di sinistra!
Tali tracce, di cui il manualetto riporta una lista ricchissima            ed esilarante, possono essere del tipo: "raccontateci, Barone,            di quella volta che sconfiggeste l'intero esercito dei Turchi mercé            un solo pezzo di pane raffermo" o "riferiteci, Duca, il motivo            per cui ad Anversa ogni nato maschio porta il vostro nome".
           Chi è di turno inizia a raccontare la propria storia, mentre            gli altri partecipanti, dotati di apposite monete, possono sfidarlo            e introdurre alcuni elementi nella sua narrazione.
Insomma, uno stile molto, molto diverso rispetto al gioco di ruolo            tradizionale; lo stesso manuale è scritto in prima persona dal            Barone stesso ed è una lettura assai piacevole, lontana anni            luce dagli aridi manualoni fatti solo di numeri e tabelle. Tanto che            qualcuno si è posto il problema: siamo ancora di fronte a un            gioco di ruolo oppure no?
           La risposta più adatta probabilmente sarebbe un bel "chissenefrega" . In fondo non interessa tanto            sapere se il gioco del Barone di Munchausen è di ruolo o meno,            visto che è lo stesso dannatamente divertente e creativo. Tale            prodotto però ha aperto la strada, anche editorialmente, a giochi            che si collocano a vario titolo nell'alveo dei giochi di ruolo, pur            discostandosene per certi elementi.
L'aspetto più interessante di queste produzioni, anche da un            punto di vista di "critica letteraria", è il motto            system does matter (il sistema di gioco conta!, NdP)            che circola tra gli autori; una dichiarazione d'intenti che è            quasi una poetica. Il gioco di narrazione non è infatti considerato            semplicemente un gioco di ruolo standard senza dadi e/ o senza regole,            affidato puramente all'estro e alla bravura dell'arbitro e dei giocatori:            il sistema deve avere un suo peso nella creazione collettiva di una            storia. Solo che - ed è questa la novità più consistente -            il regolamento non ha la pretesa di simulare nel dettaglio un mondo            di gioco, dicendo per esempio che una spada fa un dado di danni e uno            spadone invece due. Il regolamento, semmai, aiuta il gruppo di gioco            a incanalare le energie creative in una data direzione e a ricreare            gli stilemi più tipici del genere che si intende riproporre:            le regole prevedono allora, per esempio, una lista di cliché            che il tal personaggio può possedere (in un gioco horror possono            essere le fobie, in altri pulsioni recondite, ossessioni, obiettivi            a lungo termine), o meccaniche che aiutano a entrare nel mood del gioco.
           Ciò è possibile solo con una profonda conoscenza del genere            che si vuole esplorare, unita a una puntuale decostruzione dei meccanismi            che ne stanno alla base con lo scopo di ricombinarli per ottenere storie            nuove.
Nell'italianissimo On Stage! (ed. DaS Production), ambientato nel mondo del teatro scespiriano, l'autore Luca Giuliano ha passato in rassegna tutta la produzione di Shakespeare traendone le situazioni più tipiche e gli archetipi dei personaggi, separandoli e rimettendoli assieme a piacere: parte del fascino del gioco consiste allora nel prendere un copione classico e dare ad Amleto il malvagio carattere di Iago, mentre a Ofelia quello di Lady Macbeth, e vedere cosa salta fuori... da questo punto di vista, i giochi di ruolo cosiddetti "narrativi" appaiono decisamente più consapevoli delle proprie radici letterarie e fanno un ulteriore passo verso la cosiddetta "letteratura combinatoria", come quella dell'OULIPO ("opificio di letteratura potenziale"). Questo gruppo di letterati francesi (Queneau, Perec e altri) proponeva una creazione di testi partendo da alcuni elementi di base, di volta in volta rimescolati o permutati.
Un celebre esercizio combinatorio dei Surrealisti è per esempio quello delle poesie ottenute con l'apporto casuale di diversi autori, ognuno dei quali aggiunge un verso o una parola all'insaputa dell'altro (ad esempio, Cadaveri squisiti: "i cadaveri / squisiti / berranno / il vino / nuovo", che ha dato il nome al "genere").
Senza stare ad aprire una parentesi troppo lunga sulla letteratura combinatoria (già di per sé molto ludica), sembra di poter affermare che, fatte le debite proporzioni, non c'è molta distanza concettuale tra una sessione di On Stage! che rimescola i copioni scespiriani e una creazione letteraria nello stile dell'OULIPO.
A guardarsi un po' in giro nella scena internazionale dei giochi di            ruolo, l'impressione è quella di un grande fermento creativo.
           Negli USA un manipolo di autori indipendenti anima i vivaci forum di             The Forge, una community            in cui si sperimentano forme nuove di gioco di narrazione. Gli esiti            sono spesso ottimi e molte delle idee maturate in tale contesto hanno            poi trovato uno sbocco editoriale, anche con un certo seguito.
           Sempre sullo stesso sito è stata proposta una sorta di teoria            unificata del gioco di ruolo, che classifica i sistemi a secondo            del loro aspetto più "gamista" (orientato alla competizione),            simulativo (orientato all'esplorazione di un mondo) o narrativo (orientato            al racconto di una storia). Tale teoria è sicuramente criticabile            e, come ogni teoria, non pretende di essere l'unica; tuttavia ha l'indubbio            pregio di essere il primo tentativo di affrontare il gioco di ruolo            da un punto di vista critico. Come ogni prodotto dell'ingegno umano,            anche il gioco di ruolo inizia finalmente ad essere oggetto di alcuni,            timidi, studi che cercano di capirne le forme e, perché no, studiarne            di nuove.
Sarebbe arduo fare una lista di tutti i giochi di narrazione esistenti.
           Meritano di essere menzionati però tutti quei giochi che rompono            un'altra tradizione consolidata del GdR standard: sono i giochi dove            manca l'arbitro o "Master"; o meglio, dove le sue funzioni            vengono ripartite tra i giocatori. In questi casi siamo davvero di fronte            a una narrazione a più mani, dove alcuni meccanismi ad asta e/            o a puntamento di risorse permettono ai giocatori di contendersi il            potere narrativo e di portare la storia verso la propria direzione.
           Tra i giochi di questo tipo pubblicati in forma cartacea vi sono Pantheon            (Hogshead Publishing, la stessa del barone di Munchausen) e            Universalis (Ramshead Publishing) ma, se si va, a spulciare nelle produzioni amatoriali            se ne trova una marea: Internet è stata un veicolo di diffusione            di idee validissimo e ha permesso a molti creativi sparsi in giro per            il globo di proporre le proprie ardite sperimentazioni e quindi confrontarsi            con altre esperienze.
E in Italia? Il gioco di narrazione costituisce un'ulteriore nicchia            in quella nicchia che è già il mondo del gioco di ruolo.            Esso possiede tuttavia un suo zoccolo duro già da tempi non sospetti:            On Stage! in fondo è del 1995, e il circolo di autori            del Teatro            della Mente operava anche da prima.
           Recentemente nel nostro paese l'interesse per i giochi di narrazione            e per la sperimentazione si è accresciuto. A differenza dei cugini            di oltreoceano, però, gli italiani finora hanno mostrato di preferire            il confronto diretto, faccia a faccia, piuttosto che sui forum telematici.            Esistono molte realtà fortemente creative e all'avanguardia sotto            questo punto di vista; non a caso è anche nata una rete di giocatori,            o meglio, di gioc-attori: si chiamano Flying            Circus e da alcuni anni organizzano una serie di eventi di            gioco di ruolo "altro" a livello locale e nazionale (la principale            delle quali è la Ambercon/ Dicelesscon, prima convention            italiana del gioco di narrazione, dal 2002 ogni primavera a Modena,            NdP).
           Chi scrive è membro di tale gruppo e ha anche contribuito a redigere            un vero e proprio "manifesto artistico" per il gioco di narrazione            e interpretazione: una provocazione, certamente, ma anche una presa            di coscienza delle possibilità culturali dietro al gioco.
(stop! mi riapproprio del microfono e, visto che Lorenzo è troppo signore per citarsi, dal sito del Flying Circus faccio un taglia-incolla del loro manifesto, tanto suggestivo quanto chiaro:
"Prima di Internet, prima degli sms, prima delle automobili, prima            della scrittura e prima delle città... prima di tutto questo,            già esistevano le storie.
           Era il principio e l'umanità trovava nella narrazione e nel racconto            uno dei modi più autentici per incontrare altre persone [...].
Nelle storie raccontate attorno al fuoco venivano mescolate la narrazione            orale, l'interpretazione dei ruoli, il gioco di mimesi, il divertimento            condiviso, il coinvolgimento degli uditori che da semplice pubblico            divenivano protagonisti attivi della storia in una girandola di contributi,            di ricordi, di eventi e di intuizioni, di enfasi e ritmo, di espressione            e fruizione [...].
Noi oggi vogliamo proseguire questa tradizione.
Vogliamo raccontare storie grazie a un mezzo contemporaneamente antico            e moderno come il gioco di narrazione e interpretazione.
           Vogliamo divertire e divertirci, nella consapevolezza che le nostre            proposte hanno un senso solo se ci permettono di metterci in relazione            con altre persone; non spettatori passivi, ma protagonisti nello sviluppo            di una storia sempre nuova, una storia viva perché partecipata.
           Vogliamo sperimentare forme nuove per giocare, comunicare emozioni e            coinvolgere, perché pensiamo che anche dopo secoli siamo ancora            agli inizi di questo viaggio in cui c'è ancora molto da esplorare.
Vogliamo giocare perché ci rende vivi e attivi; ci sfidiamo            a stupirci e desideriamo incontrarci, curiosi della nuova avventura            che ci aspetta. Siamo artisti del gioco. Siamo artisti per gioco".
Piaciuto? Bene, ripasso la parola a Lorenzo!, NdP)
Insomma, Italia terra di santi, poeti e gioc-attori? Forse no, o meglio            non ancora, ma il gioco di narrazione finora ha dimostrato di poter            essere un eccellente veicolo di socializzazione e aggregazione; ha reso            palese, inoltre, che il gioco e il raccontare storie non solo vanno            bene a braccetto, ma insieme avranno ancora parecchie cose da dire.
Sono passati trent'anni da quel 1974 che vide la nascita di D&D            ma pare che il gioco di ruolo sia ancora agli inizi. Ci sono ancora            molti mondi da esplorare, molte forme da sperimentare: in fondo il teatro            ha qualche migliaio di anni ma gli artisti continuano a mettere in scena            piéce ogni volta differenti.
           Perché con i giochi di ruolo non potrebbe accadere lo stesso?