Gioco e Narrativa: nasce il "giocautore"

Su internet nuove forme di intersezione fra gioco di ruolo e letteratura...
di Francesca Garello
[pubblicato su RiLL.it nel giugno 2004]

Che vi sia un’interdipendenza tra gioco e narrativa è ormai un dato acquisito, e di tale relazione hanno già parlato vari autori in questo sito.
Se ritorno sulla questione è quindi per fare alcune ulteriori riflessioni, esaminando il nuovo rapporto che si va creando tra la narrativa e quella particolare categoria di giochi che va sotto il nome di giochi di ruolo (GdR).

Il GdR e la narrativa di genere correlata, soprattutto il fantasy, sembrano ormai essere così strettamente intrecciati da dare un nuovo significato al termine GdR e da creare una nuova categoria di giocatore che, prendendo ispirazione dal giocattore di Lorenzo Trenti e parafrasandolo, vorrei definire giocautore.

Nell’ambito delle comunità di gioco di ruolo in Rete si assiste infatti ad una tendenza ormai piuttosto consolidata, che sta trasformando il tradizionale concetto di GdR: da gioco di interpretazione, di recitazione di un ruolo appunto, si va verso una forma più “narrativa”, più legata alla scrittura.
Da giocattore a giocautore, dunque.

Il Gioco di Ruolo al tempo di Internet
Il GdR ha saputo ben sfruttare il nuovo ambiente offerto da Internet, e la maggior parte dei ruolisti ormai svolge in egual misura le proprie attività di gioco sia in modo tradizionale (a casa, intorno ad un tavolo) sia in modo più innovativo (on line, ad un “tavolo virtuale”).

Le comunità di giocatori si incontrano in siti di gioco (un utile elenco, certo non completo, si trova sul portale GdR-Online) strutturati spesso come città virtuali, formate da chat più o meno numerose che rappresentano i vari “luoghi” di una tradizionale città medieval- fantasy (la taverna, il castello, le strade, la piazza, i sotterranei ecc.). In esse si cerca di riprodurre il sistema di gioco stabilito (Dungeons & Dragons ovviamente, ma anche altri giochi, di ambientazione fantascientifica, storica o addirittura western) e i personaggi che vi interagiscono giocano effettivamente di ruolo, impersonando cioè a parole e con le azioni il personaggio che usano per partecipare all’avventura.
Che la parola sia scritta e che le azioni vengano illustrate digitando su una tastiera poco cambia rispetto al gioco tradizionale: si tratta solo di un mezzo diverso per raggiungere lo scopo di sempre, ovvero “recitare” un ruolo.

Da recitazione a narrazione
La differenza notevole con quanto visto sinora sta nel fatto che i giocatori di alcune di queste comunità, suddivisi in Clan, o Gilde, o Ordini o in altri gruppi dai nomi fantasiosi, si riuniscono spesso in sotto-comunità, rappresentate a livello pratico da mailing list.
In lista le sessioni di gioco “recitato” hanno spesso un prolungamento (o un completamento) scritto: l’avventura o la missione (quest) iniziata on line nelle chat della città virtuale prosegue off-line attraverso brani narrativi, inviati mediante e-mail, in cui ogni giocatore descrive con grande accuratezza le azioni o le situazioni in cui il proprio personaggio è coinvolto.
In questi brani vengono anche descritti gli stati d’animo dei personaggi, tratteggiati elementi del loro passato, approfondita la loro psicologia, contribuendo quindi a dare ai personaggi uno spessore maggiore di quello raggiunto normalmente nel gioco di ruolo.

E’ importante puntualizzare che queste narrazioni sono normalmente rese in terza persona e il giocatore descrive le azioni del proprio personaggio come fosse il narratore di un romanzo.
Questo si discosta drasticamente dal tradizionale GdR, che è interpretazione in prima persona; il ruolista tradizionale, quando il Master gli rivolge la fatidica domanda: “Davanti a te c’è un gruppo di goblin inferociti. Che fai?” sa di dover rispondere come se lui fosse effettivamente in piedi davanti alle bestiacce urlanti: “Sguaino la spada e attacco”. Seguono poi tiri di dado e calcolo dei risultati, ma la cosa importante è il “calarsi nel ruolo”, rispondere a tono alla situazione che il Master presenta. Insomma, dire Io.

Il giocatore della mailing list, invece, nel narrare la stessa azione scriverà: “Egli si trovò di fronte a un gruppo di goblin inferociti. Sguainò dunque la spada e caricò senza esitare le orrende creature”, magari abbondando in particolari descrittivi.

Più il brano è narrativo, “romanzato”, più viene lodato e gradito. Tutti gli iscritti sono coinvolti nel processo creativo, poiché ogni giocatore invia i brani relativi al proprio personaggio e, ovviamente, tutti i personaggi sono coinvolti nelle stesse avventure e debbono interagire.

L’inclinazione verso la narrativa in certe comunità di gioco è davvero molto marcata.
Alcuni giocatori sviluppano piccole storie indipendenti, scambiandosi e-mail private e portando avanti episodi separati dalle storie del gruppo, solo per il piacere personale di scrivere, di approfondire certi aspetti dei propri personaggi, che magari non avrebbero molto senso se inseriti nell’avventura vera e propria. Anche questi brani “privati” vengono spesso inviati alla mailing list perché tutti possano leggerli ed apprezzarne stile e contenuto. Spesso vengono fatti leggere anche ai Master, perché possano tenerne conto nello sviluppo di altre trame di gioco, in modo da “legare” tra loro tutti i personaggi presenti nel sito.
Il risultato è la creazione un ricchissimo sostrato che fornisce alla città una profondità quasi “storica”.

Questa tendenza sta forse correndo verso le sue più estreme conseguenze: lanciarsi nel gioco “scritto” saltando la fase del gioco “recitato”.
In una comunità di recente formazione (Lux in Tenebra Forum) si consiglia esplicitamente un approccio letterario al gioco, pur ispirato all’ambientazione tradizionale di D&D.
Si tratta di un interessante (e, per quanto ne so io, inedito) play by forum, in cui i giocatori inseriscono a turno dei brani nel forum comune, seguendo il filo conduttore di alcune avventure preparate e seguite (nel loro svolgimento) da un Master.
In queste avventure si cerca di dare ad ogni brano un aspetto il più possibile curato dal punto di vista narrativo, e non di rado i punti esperienza che i Master assegnano sono concessi sulla base di un giudizio critico sullo stile e l’efficacia della narrazione, e non solo secondo i tradizionali criteri di valutazione del gioco.

Giocare scrivendo
A questo punto mi preme sottolineare che questo scambio di racconti, questo “giocare scrivendo” (o “scrivere giocando” come Luca Giuliano dice nel suo intervento su questo sito) viene comunemente definito, dai giocatori- scrittori, fare del gioco di ruolo. Viene cioè fatta cadere la distinzione tra il GdR inteso come impersonare un ruolo in un modo affine all’atto del recitare e questo nuovo aspetto del giocare, “letterario”, se vogliamo scomodare la letteratura per questioni così poco solenni.

I giocatori- scrittori infatti usano espressioni come: “Ho letto i vostri GdR e li ho trovati bellissimi...”, oppure “Non ho potuto scrivere in questo GdR perché sono sotto esame, ma mi rifarò più in là...” ecc.
Si riferiscono all’atto dello scrivere, del creare un’ambientazione narrativa, con lo stesso termine che usano anche per la “recitazione” di un ruolo.

Andiamo verso una generazione di giocautori? Si stanno ponendo le basi per la nascita di molti nuovi autori di romanzi tratti da ambientazioni di gioco? E’ difficile dirlo, ma alcuni elementi consigliano prudenza nel correre a queste conclusioni.

Le storie create in questo modo possono essere, infatti, molto lunghe ed articolate, e spesso vengono raccolte da giocatori volenterosi in un unico file, a formare una sorta di romanzo embrionale, i cui capitoli sono costituiti dalle e-mail dei giocatori. Un testo assai disomogeneo, naturalmente, ma con una sua confusa coerenza interna: tutti i personaggi, infatti, agiscono secondo regole generali conosciute e condivise da tutti, si muovono in mondi già esistenti e descritti con abbondanza di particolari, quindi coerenti e stabilmente strutturati.

Ciò che impedisce a queste raccolte di brani di divenire un vero romanzo è la mancanza di una visione generale ed unitaria della storia.
Ogni giocatore, infatti, “muove” solo il suo personaggio, e dunque conosce solo quella parte di storia che ha potuto scoprire nel corso del gioco. Anche se il giocatore legge tutti i brani degli altri, è molto attento a non riversare sul proprio personaggio le conoscenze che possiede perché acquisite esternamente al gioco: si tengono nettamente separati, infatti, il “giocatore” (che legge i contributi di narrativi di tutti i partecipanti) e il “personaggio” (che conosce solo quella frazione di storia che lo vede tra i protagonisti).
Ne consegue che le narrazioni sono estremamente parziali e soggettive: manca un vero autore che coordini ogni sottotrama, ed è quindi impossibile lo sviluppo armonico dei vari fili narrativi, che pertanto non vengono mai completamente “annodati”, in modo da condurre a un finale convincente.

Spesso queste storie non giungono affatto ad una fine, poiché il veloce ricambio dei giocatori rende quasi impossibile che tutti i personaggi restino ancora tutti attivi man mano che la trama procede. Molti escono dalla comunità abbandonando il gioco e la narrazione, presto sostituiti da nuovi giocatori, che introducono nuovi personaggi nel racconto.
Accade anche che il gioco perda interesse agli occhi degli stessi giocatori, sia perché è durato troppo a lungo e non c’è più modo di sbrogliare l’intrico delle sottotrame, sia perché i personaggi hanno intrapreso nuove avventure o quest nella città virtuale, ed è impossibile unire i filoni di gioco.
In ogni caso, per lo più, questi “romanzi” di gioco si arenano e muoiono senza aver raggiunto una conclusione.

Da segnalare, infine, una comunità che ha tentato seriamente di creare un vero “romanzo collettivo” basato sui propri GdR letterari. Si tratta di Terre di Confine, sito nato in relazione a un gioco play by mail, quindi leggermente diverso dagli esempi finora trattati.
Le avventure (“svolte” dai giocatori con la posta elettronica in brani isolati e spezzettati) una volta considerate chiuse sono state riunite in un testo ben strutturato in “Parti” e “Capitoli”. Il lavoro di editing che è stato fatto sul materiale originario è notevole e rende la lettura del (lunghissimo) “romanzo” gradevole, anche per chi non ha partecipato al gioco.

Il Master: coordinatore e non narratore
Ci si può chiedere, a questo punto, se l’attività del Master all’interno di questi giochi non possa costituire quella presenza coordinatrice superiore necessaria a portare l’eterogeneo gruppo di brani verso un’unità romanzesca. Finora infatti abbiamo parlato dei giocatori e delle loro attività di gioco- scrittura, ma il Master - in tutto ciò - dove è finito?
La sua presenza è ancora importante, poiché il GdR - per essere tale - deve avere un Master che ne coordini e ne guidi l’azione.

Anzi, forse l’unico elemento che, in questi ambienti, tiene ancora agganciato il GdR alla sua natura originaria è la presenza del direttore di gioco, che viene sentito come necessario nonostante l’evoluzione del gioco porti ad una maggiore indipendenza del giocatore dalle trame stabilite dai Master.

Alcuni dei GdR narrativi di cui parlo, in effetti, si svolgono anche in assenza di un coordinatore, poiché si tratta di trame collaterali che si sviluppano “a lato” di avventure iniziate nella città virtuale. Tuttavia non si può del tutto affermare che si tratti di GdR “autogestiti” dai giocatori: poiché si rifanno comunque a situazioni già definite nell’ambito della comunità principale, i giocatori usufruiscono comunque dell’ausilio offerto dai Master presenti nelle città virtuali.

In qualche caso i Master sono iscritti di diritto alle mailing list dei gruppi di giocatori afferenti ad una certa comunità virtuale. Vengono consultati dal gruppo dei giocatori ogni volta che si debbano compiere (o meglio, narrare) azioni articolate, che avranno poi ricadute sugli eventi che coinvolgeranno altri personaggi; oppure si chiede l’autorizzazione di un Master per utilizzare oggetti magici di una certa potenza, che potrebbero attribuire troppo vantaggio a questo o quel giocatore; altre volte, un singolo giocatore contatta il Master in privato per stabilire con lui una sottotrama, un inganno, una manovra segreta che non vuole rivelare agli altri giocatori, ma che si deve in qualche modo inserire nel flusso narrativo. L’intervento del Master innesca così una serie di azioni/ reazioni che vengono poi nuovamente descritte dai giocatori nei loro brani narrativi, dando nuova linfa al “romanzo” che si va scrivendo.

L’importanza del Master dunque non viene meno. Tuttavia, egli non agisce come fattore razionalizzante della narrazione, né cerca di indirizzare i personaggi verso comportamenti tali da poter in un futuro essere coordinati a formare una trama, “romanzesca” in senso stretto.
Ciò è logico quando si pensi che anche tradizionalmente il buon Master non cerca di influenzare i suoi giocatori a prendere questa o quella decisione, ad agire in un modo che egli ha predeterminato: il Master, anzi, deve limitarsi ad offrire una scelta, a mettere i giocatori in grado di muovere il proprio personaggio in modo indipendente e libero, come farebbe se si trovasse davvero a vivere quella scelta.

Tale ruolo tradizionale del Master permane nei GdR narrativi on line, impedendogli, nonostante la sua onniscienza, di condurre i giocatori- scrittori alla realizzazione di un’unità narrativa coerente.

Il “Gioco di Ruolo letterario” e i suoi limiti
In conclusione, il GdR costituisce una buona palestra per potenziali autori di romanzi fantastici, ma è anche vero che il GdR letterario che ho cercato di descrivere (e che pure sembra offrire il massimo delle garanzie di successo) traccia dei limiti intorno all’orizzonte del giocautore da cui può essere difficile liberarsi.

Innanzitutto, non incoraggia a immaginare scenari originali, poiché si basa su ambientazioni già esistenti.
E’ facile adattarsi a un mondo che ha già regole, consuetudini e prototipi di personaggi, mentre la bravura di uno scrittore fantasy è data proprio dalla capacità di inventare un mondo alternativo, originale e coerente.
Inoltre, il giocautore non ha necessità di concepire una trama che invogli a continuare la lettura. La trama l’ha già preparata il Master che ha dato inizio al gioco, lui deve solo adattarcisi al meglio delle sue capacità di gioco, interpretative e narrative.
Infine, il giocautore di solito scrive brani piuttosto brevi, nei quali può effettivamente dare libero sfogo alle sue qualità letterarie, spesso con brillanti risultati.
Ma ben diverso è sostenere il peso di una narrazione lunga, senza risultare infine ripetitivi, noiosi o poco originali.

D’altronde, queste osservazioni non sono tali da poter considerare inutili questi esperimenti di scrittura nel mondo dei giocatori di ruolo.
Sono convinta, anzi, che il giocautore sia la più interessante evoluzione che il GdR abbia prodotto nella sua lunga vita. Inoltre, alcuni dei limiti qui esposti possono essere facilmente scavalcati o ridimensionati.

Anche tra scrittori professionisti, infatti, si è fatto talvolta riferimento a mondi letterari altrui, riprendendo personaggi e atmosfere. E, d’altra parte, dover scrivere brani di ampiezza limitata potrebbe favorire la crescita di autori di racconti o romanzi brevi... ma questo forse ce lo diranno le prossime edizioni del Trofeo RiLL!

Finora nessuno ha tentato seriamente di pubblicare un romanzo tratto dai lavori collettivi di giocatori di una comunità on line.
Forse non è mancato il talento, ma il coraggio di provare.
Certo, non è un’impresa facile. A parte il robusto lavoro di editing, credo sarebbe assai difficile trovare un editore disposto a credere in questo esperimento letterario. Eppure ne varrebbe la pena, e confido che prima o poi qualcuno troverà coraggio ed entusiasmo per buttarsi in questa impresa.

Conclusioni e ottimismo
I giocautori si diffondono dunque, e la passione per lo scrivere si affianca a quella per il giocare. Ma essere un bravo giocautore non vuol dire necessariamente essere anche un vero scrittore. Ancora una volta si deve ammettere che la vera differenza sta nel talento.
D’altra parte, anche se il giocautore non diventerà mai un vero autore e i suoi GdR letterari non si trasformeranno mai in romanzi o racconti, rimane tuttavia una figura interessante, e direi confortante.

Il GdR tradizionale si è sempre ispirato al concetto di interpretare un ruolo, dunque “recitare”, “essere” un personaggio. Il diffondersi del gioco di narrazione ha rafforzato tale concetto, poiché in questo caso si passa ancora più esplicitamente a utilizzare la recitazione come mezzo per dare vita a un certo personaggio.
Ora, forse, assistiamo ad una nuova mutazione che incrocia il gioco con la scrittura, e al giocatore non si chiede più di “essere” il personaggio né di recitarlo, ma di narrarlo.

Quale che sia il finale che si prepara per questo nuovo scenario di gioco, il quadro che ne deriva è davvero confortante, come dicevo.
Se si pensa che, in un ambiente al quale spesso si rinfaccia di non avvicinarsi alla letteratura, quello giovanile, c’è spazio per persone che non solo leggono, ma hanno la passione di scrivere, non si può che guardare con ottimismo al futuro, sia del gioco che della scrittura.

 

 

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