Il tradimento del Templare

La recensione de Il tradimento del Templare, l'ultimo romanzo di Franco Cuomo
di Alberto Panicucci
[pubblicato su RiLL.it nel settembre 2008]

Chi segue le attività di RiLL sa che sono rare le occasioni nelle quali abbiamo parlato dei libri via via pubblicati dai giurati scrittori del Trofeo RiLL. Una scelta legata a un desiderio (e anche a un obbligo che sentiamo) di trattare nello stesso modo tutti gli scrittori che collaborano al nostro concorso, ognuno dei quali è ugualmente importante per noi.
Ci sembra però giusto fare un’eccezione per Il tradimento del Templare (Baldini Castoldi Dalai, 2008), l’ultimo romanzo di Franco Cuomo, a lungo giurato del Trofeo RiLL, scomparso nel luglio 2007.

Questo articolo vuole essere un doveroso omaggio a un amico, e una recensione del tutto personale di un libro che ogni lettore potrà poi giudicare. Per questo spesso nelle prossime righe chiamerò l’autore per nome: è difficile, per me che ho conosciuto Franco e che dalla sua voce ho sentito raccontare la genesi di questo romanzo, distinguere valutazioni letterarie da quelle più strettamente personali.

Il Tradimento del Templare è incentrato su Squinn de Floyran, il templare che - passando informazioni riservate a Filippo il Bello e all’Inquisizione - aprì la strada per la distruzione dell’Ordine cavalleresco cui apparteneva.
Ora che il processo ai templari è finito, e che il Gran Maestro Jacques de Molay è stato arso vivo (siamo nel marzo 1314), Squinn si ritrova suo malgrado al centro dell’attenzione. Fra i tesori posseduti dall’Ordine, infatti, si sono perse le tracce di una misteriosa reliquia, “terribile e sacra, consacrata dal sangue”, ritenuta in grado di assicurare a chi la possiede un oscuro potere di ricatto su Papi e Re.
Squinn era stato Priore nella capitaneria di Montfauçon, dove la teca che la conteneva era custodita. Per questo in tanti lo cercano: i mendicanti confratelli della Corte dei Miracoli di Parigi (ladri, zingari, assassini…), Re Filippo e il suo guardasigilli Marigny, e poi i sopravvissuti kadosh, cioè i Templari più alti in grado e giunti più avanti nel percorso iniziatico.
Squinn si unirà a questi ultimi, riconoscendosi nel loro progetto di rifondazione e rinnovamento dell’Ordine, che in effetti, finita l’era delle Crociate in Terrasanta, aveva progressivamente tradito il suo spirito originario, i suoi principi, divenendo sempre più simile a una holding finanziaria. Così Squinn partirà per recuperare la reliquia, nascosta a Bologna, e quindi per riportarla a Parigi...

La figura di Squinn, protagonista della storia, è molto interessante.
Templare sbandato e atipico, anche durante i fasti dell’Ordine, Squinn ha infine tradito i suoi confratelli proprio sperando che, dalla rovina della dissoluzione, rinascesse un Tempio meno corrotto, meno “profano”, meno legato all’avida amministrazione dei beni terreni. E così sarà: “Hai posto le condizioni per la creazione del nuovo Tempio, che anima ogni nostra speranza, indistruttibile perché immateriale: ideale. Il nuovo Tempio non sarà più in nessun luogo, ma ovunque. Abbiamo ancora bisogno della tua spada, per edificarlo…”, così si rivolge a Squinn il nuovo Gran Maestro, Larmenius.
Decisamente un antieroe, Squinn, un guerriero efficiente e spietato, ma anche un uomo che si abbandona al vino, alla disperazione per i tradimenti compiuti, alla disillusione verso i suoi stessi ideali e le sue speranze, man mano che il filo della storia e delle sue azioni si dipana. Insomma, un personaggio complesso, a tutto tondo, tratteggiato con abilità.

Quello che poi colpisce, nel romanzo, è lo stile adottato.
Le descrizioni, la caratterizzazione dei personaggi, la cornice storica ed esoterica sono tutti elementi ben curati, ma spiccano soprattutto i dialoghi fitti, l’azione serrata, fra intrighi di corte, viaggi tra Francia e Italia e gradite sorprese (come, senza dubbio, l’incontro con Dante Alighieri).
Non si tratta però di una virata verso i facili lidi del romanzo più banalmente d’avventura. Piuttosto, è forte la sensazione di un ritorno alle origini, agli anni ’70, quando Franco Cuomo era noto non come scrittore, ma come drammaturgo.
Ogni opera teatrale, infatti, mette al centro i personaggi, che occupano la scena con le loro parole e le loro azioni. Il tradimento del Templare è per molti tratti una storia di impianto teatrale, il che riflette (penso) le esperienze letterarie di Franco, drammaturgo prima e scrittore poi.

Ma non è solo il “debito” verso il teatro che traspare dalla lettura di questo libro.
Man mano che lo leggevo, infatti, ho percepito sempre più chiaro il desiderio dell’autore di narrare questa storia. Mettere al centro i personaggi è anche un modo per porre tutta l’attenzione sulla storia, e insieme per raccontarla badando all’essenziale.

Franco Cuomo ha scritto questo romanzo a 69 anni, fra il 2006 e la metà del 2007. È il suo terzo libro dal 2005, dopo il saggio storico I Dieci e il romanzo Anime perdute.
Tre opere in tre anni sono un bel po’, indicano un ritmo di scrittura, e un’ispirazione, degna di un autore giovane, magari appena comparso nel mondo editoriale e desideroso di farsi valere.

Credo che Franco tenesse molto a questa storia, che in qualche modo completa il suo ciclo letterario dedicato al Medio Evo, e ai Templari in particolare.

“Col prossimo libro torno al Medio Evo. Ho trovato una storia che è adatta, che va bene”, mi disse (cito a memoria, ma il senso è quello) a fine 2006. Perché Franco su quell’epoca molto aveva scritto, ma non voleva nemmeno sentirsene “schiavo”.
Tanta parte delle sue opere parlano del passato e dei suoi misteri, e senza dubbio l’era dei Cavalieri è un tema ricorrente, centrale. Ma Franco non amava le etichette né apprezzava troppo gli scrittori di un singolo genere. I suoi due romanzi più recenti, Il tatuaggio (2002) e Anime perdute (2007), sono di ambientazione contemporanea, seppur permeati da un certo gusto per il magico e l’esoterico; e lo stesso I sotterranei del cielo (2001) può essere visto come una presa di distanza dalla retorica della Cavalleria e da un’epoca in generale, dato che il protagonista è San Galgano da Chiusdino, il cavaliere che si fece eremita, lasciando la spada per abbracciare la croce.

Per questo penso che la storia di Squinn de Floyran a Franco interessasse davvero, tanto da spingerlo a tornare su temi che sentiva consoni, ma anche “soffocanti”, “restrittivi”.

Negli ultimi anni Franco Cuomo aveva collaborato assiduamente alle attività di RiLL, partecipando alle nostre iniziative: a Roma, Lucca, Viterbo. Per questo si era creata un'amicizia, e confidenza.
Leggendo Il tradimento del Templare non ho potuto non pensare alle volte in cui Franco accennava alla sua età, alla sensazione - nonostante la buona salute - di non avere tanto tempo davanti a sé, per sé, i suoi cari, e per le storie che voleva ancora raccontare.
Man mano che scorrevo le pagine, che la trama prendeva corpo e si avvicinava la conclusione, ho immaginato sempre più chiaramente Franco nel suo studio, un bello scantinato pieno di libri nel cuore di Trastevere, intento a scrivere questo libro.

Si dice che chi scrive lo fa prima di tutto per sé stesso. Paul Auster una volta ha detto che lui scrive perché ne ha bisogno, semplicemente.
Forse una sorta di “febbre” guidava Franco nell’oscuro lavoro di scrittura e ri-scrittura di questo romanzo, tanto da spingerlo a scegliere uno stile un po’ diverso da quello di altre sue opere. Per essere certo di raccontare questa storia, tutta, e arrivare così al finale.
Un finale che non tira soltanto le fila dei diversi aspetti della trama, dando così senso compiuto all’opera e a tutto il lavoro ad essa connessa. La conclusione del romanzo è infatti anche “usata” per esprimere e far leggere (quindi, se vogliamo, immortalare) alcune idee e principi in cui Franco credeva, da sempre, e per cui pensava fosse giusto battersi. In primis, la libertà di pensiero e di espressione, troppo spesso negate nel passato (e ancor oggi).

Per questo la lettura de Il tradimento del Templare mi ha regalato un’emozione particolare. Perché è stata un modo inatteso per ritrovare un amico.

Chi ha amato i romanzi di Franco Cuomo, specie quelli di ambientazione storica, troverà in questo libro una degna conclusione della sua opera. Una nuova avvincente avventura templare, raccontata con sapienza da un bardo (purtroppo) alla sua ultima apparizione.

Il Tradimento del Templare
Baldini Castoldi Dalai
pag. 347, euro 17

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