Due volte Anderson

Recensione dei racconti del ciclo de La Pattuglia del Tempo
di Alberto Panicucci

[pubblicato su Continuum 29 nell'ottobre 2008; su RiLL.it, con modifiche, da gennaio 2010]

Sulla e-zine di fantascienza Continuum propongo da qualche tempo, grazie alla gentilezza del suo responsabile Roberto Furlani, alcune recensioni doppie di opere fantascientifiche (classici, soprattutto). Con “recensioni doppie” intendo recensioni di coppie di libri, legate da un qualche fil rouge (stesso autore, stesso tema…)
In questo articolo presento due antologie di racconti di Poul Anderson.

La fantascienza è spesso uno sguardo riflessivo sul mondo che ci circonda o che ci potrebbe circondare, e perciò può essere considerata per certi aspetti una forma di letteratura “impegnata”.
Altre volte però la fantascienza è “semplicemente” avventura, intrigo, azione e immaginazione, il che è comunque un ottimo cocktail per ogni lettore.

Il ciclo della Pattuglia del Tempo (o Cronoservizio), di Poul Anderson, appartiene senza dubbio a questo secondo tipo di fantascienza. Si tratta di un corpus di nove racconti e un romanzo (“Lo scudo del tempo”, che però io non ho letto, e quindi non ne parlerò), scritti fra il 1955 e il 1991, e riproposti nella collana Urania Collezione fra il 2005 e il 2006.

La storia è presto detta: nel 1954, a New York, Manse Everard, trent’anni, ex tenente dell’esercito americano, ingegnere meccanico, scapolo, risponde ad un annuncio di lavoro, per un incarico ben pagato e che prevede viaggi all’estero.
Dopo un breve colloquio col signor Gordon, rappresentante della Engineering Studies Co., è sottoposto a strani test attitudinali, che supera brillantemente. Così il signor Gordon, assumendolo, può svelargli che “sarà una specie di poliziotto. […] La nostra società, legalmente costituita, è soltanto una copertura e una fonte di mezzi. Il campo dei nostri reali interessi è indagare nel tempo”.

Non male come inizio, no? E siamo solo a pagina 4 del primo racconto….

Insomma: nel futuro, molto nel futuro, viene scoperto il sistema per fare viaggi nel tempo. Da questo discende, ben presto, la necessità di un corpo di guardiani delle “strade del tempo”.
Ma lascio la parola proprio a Manse Everard: “Non appena venne costruita la prima macchina del tempo, apparvero i Danelliani, superuomini che vivono nel remoto futuro. Stabilirono le regole del traffico temporale e crearono il Cronoservizio per farle rispettare. Come ogni altro corpo di polizia, assistiamo i viaggiatori del tempo; li tiriamo fuori dai guai quando possiamo; offriamo, per quanto ci è permesso, aiuto e dolcezza alle vittime della storia. Ma il nostro compito basilare è proteggere e conservare quella storia, perché da essa nasceranno i supremi Danelliani.”

Non c’è molto altro da dire.
I racconti si sviluppano lungo tutto l’arco della storia umana, dalla Preistoria all’epoca di Pizarro, dagli anni ’40 della Seconda Guerra Mondiale alla Londra vittoriana di fine ‘800, o al XIII secolo nell’ancora non scoperta America.
E il massimo piacere, per il lettore, è abbandonarsi al flusso della narrazione, alle invenzioni di Poul Anderson, alla sua capacità di immaginare mondi alternativi o possibili snodi “altri” della realtà. In ogni racconto c’è da sconfiggere un cattivo o da salvare un cronodetective che, persosi nel passato, lo ha cambiato, tanto da modificare la Storia, o “farla” (leggetevi il racconto su Ciro il Grande e capirete cosa intendo).
La stessa cornice del ciclo, con l’invenzione delle macchine del tempo, “nel periodo in cui stava crollando l’Eresiarchia Chorite” (??), e il conseguente intervento dei Danelliani, è un mero elemento di sfondo, un background che giustifica tutta la serie ma non ha poi molta importanza.

Nei racconti non c’è approfondimento psicologico, riflessione sociale o sociologica. Gli ingredienti principali sono il ritmo, i colpi di scena, gli sbalzi temporali (dei protagonisti e della narrazione). Vi sembra poco? Beh, credetemi, è più che sufficiente per divertirsi e rilassarsi.
Questi non sono racconti impegnati, ma sono sicuramente belli, intriganti.
La scrittura è essenziale, i dialoghi sono serrati, il ritmo è incalzante, e le storie trasudano di senso del meraviglioso e misteri, di sfide difficili, che solo gli addestratissimi cronopoliziotti possono affrontare e vincere, anche grazie alla tecnologia di cui dispongono.

Non siamo, però, davanti a storie fumettistiche, nel senso retrivo del termine.
Poul Anderson è uno scrittore di rango, e un appassionato di storia, e questo si sente.
Le descrizioni di epoche lontane sono precise, realistiche, credibili. Il lettore è davvero trasportato nel passato, e proprio la cura della cornice rende più apprezzabili gli anacronismi che vengono immaginati. Questi ultimi, infatti, sono sempre ben spiegati, con particolare attenzione ai legami causa-effetto. E questo è fondamentale: inventare una deviazione dalla Storia è facile, molto più difficile giustificarla, renderla credibile e immaginarne conseguenze che siano insieme intriganti e sensate.
(vi siete mai chiesti perché per gli Indiani sarebbe stato meglio essere scoperti dai Mongoli e dai Cinesi del Gran Khan nel XIII secolo invece che dagli Europei duecento e passa anni dopo? Beh… Poul Anderson ve lo spiega!)

Passo ancora il microfono al nostro Manse:
“La realtà non è stabile. È come l’intreccio delle ombre sulla superficie del mare. Basta permettere che le onde, le onde probabilistiche del sotterraneo caos quantistico, cambino ritmo, e bruscamente l’aspetto della superficie svanirà, si trasformerà in qualcos’altro.
[…] Se vai nel passato, lo rendi il tuo presente. Continui a possedere il libero arbitrio. Non sei sottoposto ad alcuna costrizione. Inevitabilmente, influenzi ciò che accade. Di norma, gli effetti sono minimi. Sembra quasi che il continuum spazio temporale sia un rete di robusta gomma, capace di riprendere la configurazione iniziale dopo l’impatto di una forza estranea. […] Alcune azioni, però, possono fare un’enorme differenza…”

È proprio in queste righe il senso dell’azione del Cronoservizio.
Per questo, inevitabilmente, nei racconti sono presenti riferimenti al fluire del tempo e ai paradossi temporali, legati all’allontanarsi dalla storia che tutti conosciamo, e che i cronodetective sono chiamati a difendere. Talvolta, peraltro, come già accennato, con qualche conseguenza sulla Storia stessa: l’intervento di un gruppo di cronopoliziotti sul cielo di Cuzco, nel 1536, durante l’assedio degli aztechi alla città, è tramandato sino ai nostri giorni come l’apparizione della Vergine e di San Giacomo sul campo di battaglia … e questo è solo un esempio di come in questi racconti spesso passato e futuro si intreccino in modo inestricabile!

In conclusione, davanti a questi racconti, a questa lettura disimpegnata ma non sciocca o poco interessante, mi torna alla mente un’osservazione che ho spesso sentito fare, da attori registi o critici, su tante celebri commedie italiane: film “leggeri”, ma che vanno a segno, e risultano ben fatti proprio perché a girarli e farli sono autori preparati, che conoscono il mestiere, e lo praticano con professionalità, cura e talento.
Un giudizio che calza a pennello per l’intero ciclo di racconti della Pattuglia del Tempo, e anche su Poul Anderson, per comprendere il cui spessore basta ricordare come rispose, una volta, a chi gli chiedeva quale tipo di fantascienza preferisse: "Vorrei più fantascienza tecnologica al livello di Hal Clement o Gregory Benford, semplicemente perché mi piace. Tuttavia, esistono altre cose da leggere oltre la fantascienza. Buon Dio, in fondo non ho ancora letto tutte le opere di Aristotele!"

Detto questo, posso ritenermi soddisfatto e chiudere qui il mio piccolo intervento.
Col vostro permesso, salgo sulla mia moto e… come dite? È senza ruote? Beh, se è per questo ha anche un motore antigravitazionale e un “puntatore” per scegliere tempo e luogo di arrivo. Non è proprio mia, a dire il vero, me l’ha prestata un amico. Si chiama Manse…
Buon viaggio (nel tempo) a tutti!!!

La Pattuglia del Tempo, di Poul Anderson, voll. 1 e 2,
Urania Collezione, numeri 26 (marzo 2005) e 30 (luglio 2005), euro 4,90 ciascuno.

Lo scudo del Tempo, di Poul Anderson,
Urania Collezione, numero 39 (aprile 2006), euro 4,90.

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