L'ultima pioggia

di Jason Arcuri
Terzo classificato al II Trofeo RiLL


Era notte, pioveva. Al segnale gli uomini irruppero nell’edificio isolato. Poco dopo era tutto finito: la casa era vuota. Nel buio un agente illuminò una scritta: TROPPO TARDI.

-8 ORE
“Tenente, tenente”.
Ormai dormivo poco e mi svegliavo urlando, madido di sudore.
“Si svegli, Leon”.
Stavo facendo di nuovo quell’incubo, quando udii una voce.
“Sono Enor. Presto, si svegli... lo abbiamo trovato”.

-7 ORE e 45 MINUTI
Enor mi aveva svegliato col suo potere di entrare nei sogni. Quell’elfo si era conquistato la mia fiducia in quel breve tempo, nonostante la sua presenza mi fosse stata imposta.
Questi pensieri mi distraevano durante la folle corsa col mio cavallo, sotto il diluvio di quel tramonto. Dovevo sbrigarmi.

28 GIORNI PRIMA
“Devi trovarlo, Leon” mi ripeteva il capo della polizia Bloch.
E pensare che tutto era cominciato con un omicidio e quel numero. Ora invece eravamo a dieci, ed ogni volta era peggio.

-7 ORE e 30 MINUTI
L’appartamento era buio. Un orologio a pendolo segnava l' 1:20.
“Il corpo è di là. Non è un bello spettacolo” mi avvertì Enor.
Io però ero già andato. Lo guardai impassibile; mi veniva da vomitare. L’assassino torturava le sue vittime in modo atroce.

21 GIORNI PRIMA
“Era sì l’avvocato dei boss... ma questo!” disse Kong, un agente. La scientifica aveva finito. Io ed Orion potevamo entrare.
“Mio Dio!” pensai appena lo vidi legato alla sedia.
Il viso era teso in un’oscena smorfia di dolore. Lo scalpo era stato preso e, dal cranio scoperto, lacrime di sangue rigavano il volto. La mandibola era spezzata: si era spalancata da sola per quanto aveva urlato forte... ed era solo all’inizio!

-7 ORE
La pioggia batteva contro la finestra mentre Enor mi parlava.
“Un vicino trovando la porta aperta è entrato. Scoperto il cadavere è corso via ed ha chiamato la polizia, la quale arrivata qui ha visto il numero sulla parete e ci ha avvertiti”.
33546: era scritto col sangue. Ogni volta ce n’era uno diverso. Salivano senza logica: 33029, 33186... Consultammo elenchi e cabalisti: tutto inutile. Secondo il grafologo era mancino.
“Che gli avrà fatto?” chiesi. Un lampo ci illuminò. Enor tacque.

15 GIORNI PRIMA
“Lo ha sventrato” disse Kildler, il coroner, mentre ricomponeva il corpo steso sul lucido tavolo davanti ad Orion e me.
Credevo di averci fatto lo stomaco alle autopsie. Mi sbagliavo.
Con Orion facevamo coppia da sempre. Lui era un grosso Pellirosse che conosceva le stregonerie del suo popolo. Dell’aguzzo cristallo magico che teneva al polso diceva: “E’ una scheggia della stella Orione e quindi è parte di me; in essa ripongo i miei ricordi e tutta la mia vita”.
Kildler ci riferì i risultati: “La vittima era viva mentre subiva le torture: si vede dal molto sangue perso dalle ferite. La violenza dei colpi indica che l’omicida è un grosso essere”.

-6 ORE e 30 MINUTI
Il "giustiziere" non aveva mai lasciato impronte o prove.
Ultimamente, però, trovavamo sempre piccoli indizi, ma inutili: erano manipolati ad arte al fine di depistare anche i nostri esami magici. Sapeva il fatto suo e si prendeva gioco di noi.
La scientifica era arrivata. Un disegnatore ritraeva la stanza, mentre gli esperti spennellavano le superfici alla ricerca di impronte che indicassero la specie del mostro.
Comunque noi sapevamo che si trattava di un uomo.

10 GIORNI PRIMA
Il dottor Lechter, psichiatra del manicomio, accolse me ed Orion nel suo studio. Era da un po’ di anni che ci si avvaleva di "esperti nel comportamento criminale". Anche se in alcuni casi il loro aiuto risultò utile, questi erano solo l’eccezione.
Sul tavolo aveva già il rapporto dell’ultimo omicidio.
“E’ terribile quello che le ha fatto! Era poco più di una bambina. Mi chiedo come facciate a non impazzire" si sfogò prima di esporci il profilo psichiatrico dell’assassino.
“Studiando il suo modus operandi penso sia un umano, maschio. E’ intelligente ma non colto. Cerca vendetta, non giustizia. Vedendovi impotenti, ha preso coraggio e vi deride coi falsi indizi. E’ il tipo che legge i giornali per seguire le indagini. La sua follia cresce, e con essa le sue torture. Sbrigatevi!”

-6 ORE
Il sensitivo era arrivato tardi. Doveva essere fresco d’accademia.
Dopo quanto capitò ad Henry, tutti gli altri sensitivi si negavano se chiamati per i delitti del giustiziere.
Henry era stato il mio sensitivo di fiducia. Era il migliore.
Loro percepivano le emozioni che si depositavano sugli oggetti che toccavano. Per avere flash visivi si dovevano concentrare su oggetti speciali sui quali erano stati "appositamente" impressi dei pensieri; cosa mai avvenuta in un’indagine.
Quella volta Henry era nervoso: sapeva di cosa si trattava.

6 GIORNI PRIMA
Accompagnai subito Henry nella stanza del delitto, per sgravarlo il prima possibile da quell’ingrato compito.
Appena entrò sobbalzò tant’era il dolore che percepiva.
Toccava diversi oggetti che subito dopo riponeva con disgusto.
Poi prese tra le mani un cappello. Se lo rigirava tra i palmi, cercando di afferrare meglio ciò che captava. D’un tratto si bloccò, come paralizzato. Pensavamo si stesse concentrando, ma iniziò a tremare, e gli occhi si ritrassero.
Lo soccorremmo subito. Mentre Orion provava a strappargli quel cappello incollato nei pugni serrati, noi cercavamo di tenerlo fermo, ma lui pareva una molla impazzita.
Alla fine Orion riuscì nel suo intento ed Henry cadde a terra, disteso, scosso ogni tanto da uno spasmo, con la schiuma che gli usciva dalla bocca e dalle narici.

-5 ORE e 30 MINUTI
Un tuono mi destò da quell’immagine. Nel cappello trovammo poi un grosso amo, col quale era stata dilaniata la carne della vittima. L’amo era lì per Henry o per quelli come lui.
Ora Henry stava meglio, ma nessuno voleva prendere il suo posto. Solo Odino sapeva quello che aveva provato, e non era che la millesima parte di quello che aveva subito la vittima.

-5 ORE
“Ci restano solo 5 ore per trovare quel bastardo” spiegai ad Enor indicando l’orologio a pendolo che segnava l' 1:20.
Su ogni scena dei delitti c’era un orologio fermo. Dopo un po' risolvemmo il mistero: l’assassino ci indicava con la lancetta dei minuti (questa stava sul 4) l’ora del delitto, mentre con quella delle ore i giorni mancanti al prossimo omicidio.
Ora la lancetta corta si trovava sull’1: avevamo poco tempo.

-4 ORE e 30 MINUTI
L’agente di guardia stava discutendo con dei giornalisti.
“Cacciali via quei maledetti avvoltoi” gli gridai inferocito.
Furono i giornali a chiamare quel mostro "il giustiziere", perché inizialmente uccideva i criminali, e quindi era un eroe.
“Lasciate che dia una ripulita alla città” ci urlava la gente.
Al terzo omicidio però si ricredettero. Trovammo il cadavere di un vescovo nella sua sacrestia, crocifisso alla parete.
“Che fate! Quando lo prendete il mostro?” ci accusavano allora.
E pensare che lo conoscevo bene.

3 GIORNI PRIMA
“Per Odino. Deve esserci qualcosa in questi rapporti che ci aiuti ad incastrarlo. Lo sento” urlai quella notte in archivio.
“Calmati” mi consigliò Orion. “Grub, potrei riavere il fascicolo di prima?” disse poi all’orchetto addetto allo schedario.
Grub era stupido come tutti gli orchetti, però aveva un dono innato per le cifre e l’ordine; per questo occupava quel posto.
“Intendi il 33179?” domandò l’orchetto.
La sua idiozia mi innervosì. “Che ne sa di che numero...” urlai.
Io ed Orion ci guardammo negli occhi.
“Tombola!” esclamammo, tanto che Grub si spaventò.
Lo lodai, ma lui non capì cosa avesse fatto di speciale.
“Forse cataloga le vittime come fossero casi risolti” supposi.
Allora Orion confrontò i numeri dei fascicoli sugli omicidi con quelli trovati sui luoghi dei delitti.
“Non sono gli stessi, però sono molto vicini” disse.
Chiesi a Grub di darmi i casi schedati coi numeri lasciati dal mostro. Scoprii così che si trattavano di casi irrilevanti, però accaduti tutti nei giorni degli omicidi.
Solo la polizia ed i collaboratori erano ammessi all’archivio: il giustiziere era uno di noi. Mentre Orion cercava quali agenti ebbero a che fare con le vittime, io andai per la deserta centrale fino all’ufficio- personale, a scoprire quali agenti erano in libertà durante gli omicidi. Intanto Grub ancora non capiva.
La mia mano scorse lungo l’ultimo registro, per poi chiuderlo. Avevo trovato ciò che cercavo: ora il mostro aveva un nome.
“Non dovevi impicciarti” mi disse lui prima di colpirmi.

-4 ORE
“Non abbiamo trovato niente, neanche il solito indizio. Forse il coroner avrà più fortuna di noi” disse uno della scientifica.
Ordinai di far venire il sensitivo. Il ragazzo appena vide il cadavere divenne pallido e si piegò in avanti a vomitare.
“Povero Orion. Come ti ha ridotto quel bastardo!” pensai.

3 GIORNI PRIMA
Dopo essermi ripreso tornai da Orion, ma lui non c’era più.
“S’è sentito male e un signore l’ha ricoverato” mi disse Grub.
“Cosa? Di quale signore stai parlando?” chiesi preoccupato.
Non si ricordava il nome e così mi raccontò: “Stavo pulendo di là, quando ho udito dei rumori. Allora sono tornato e ho visto quell’uomo col suo amico in spalla. Mi ha detto che era svenuto e che doveva portarlo in ospedale. Così gli ho consigliato di prendere l’uscita di sicurezza per fare prima. Lui allora mi ha sorriso e ringraziato, e poi è corso via. Il suo amico è stato davvero fortunato ad essere soccorso da una così brava persona. Ma come si chiamava. Ah, sì. Ora ricordo...”

-3 ORE 30 MINUTI
Ordinai agli agenti di coprire il corpo con un lenzuolo, altrimenti il sensitivo avrebbe vomitato di nuovo.
Ora il ragazzo fissava quel lenzuolo come se s’aspettasse di vederlo muoversi. Infine iniziò le rilevazioni: dapprima toccando gli oggetti con cautela, memore del dramma di Henry, poi sembrò rassicurarsi, e trascorso un quarto d’ora ebbe finito.
“Strano: ho sentito molta rabbia, ma dolore quasi per niente”.
Aveva solo questo da dire, così lo lasciai uscire. Un mio amico era morto, e loro mi avevano mandato un inetto.

IL GIORNO PRIMA
“Cosa c’è?” chiesi al mio capo, che mi aveva convocato.
“Ti voglio presentare il detective Enor, tuo nuovo compagno”.
Da una poltrona si alzò un elfo, il quale mi porse la mano.
“Che cavolo dice. Ce l’ho un compagno” urlai ignorando l’elfo.
“Orion è nelle sue mani” rispose il capo. “Quando avete fatto irruzione in casa sua c’era solo quella scritta. Se lo vogliamo ritrovare ti serve un aiuto, ed Enor è uno dei migliori”.

-3 ORE
Mentre gli uomini mettevano sottosopra l’appartamento, io osservavo gli infermieri che adagiavano Orion sulla barella.
“Com’è conciato” disse sottovoce un infermiere. Ma io sentii.
Quelle parole attirarono il mio sguardo sul suo volto paonazzo, sulle ferite livide, sulle mani insanguinate e sui polsi nudi segnati dalle corde.
“Aspettate” intimai agli infermieri. “Qualcuno di voi ha trovato un cristallo?” chiesi poi agli agenti.
Tutti si guardarono con aria interrogativa, compreso Enor, cui spiegai che era scomparsa la pietra che Orion portava al polso.
“Gli si sarà sfilata, o forse l’ha tolta l’assassino” disse.
Non mi convinceva. Ripensai alle parole del coroner sulle ferite che sanguinano poco se inflitte sui morti. Capii tutto.
“Guardagli in bocca” ordinai all’elfo mentre andavo alla poltrona alla quale era stato legato Orion, e vi frugai.
“Orion ha la lingua ritratta... si è suicidato!” disse Enor.
“Come pensavo. Ed ecco il cristallo” dissi trovandolo.

-2 ORE e 30 MINUTI
“Ma come hai fatto?”, mi domandò incredulo Enor.
“Dalle ferite di Orion. Erano livide, con poco sangue, perché è stato torturato che era già morto. Ma lui tortura vive le vittime. Unica spiegazione era il suicidio (il volto era paonazzo per l’asfissia), che ha fatto infuriare quel mostro (infatti il sensitivo ha percepito rabbia). Le mani insanguinate di Orion indicano che prima di morire ha stretto questo tagliente cristallo, capace di assorbire le immagini, e ci ha lasciato un indizio".
"Chiamate di nuovo il sensitivo” ordinai poi. “Quel bastardo è nostro oramai. Grazie Orion."

-2 ORE
Il ragazzo tornò. Gli porsi la pietra per esaminarla. Perplesso la prese e poi chiuse gli occhi, per riaprirli subito dopo.
“Ho visto qualcosa” disse incredulo.
Lo esortai a continuare. Stavolta portò il cristallo a contatto con la fronte, e in silenzio si concentrò.
“Ecco! Vedo una torre. Anzi no, è un faro. E’ senza luce...”
“Il faro abbandonato” urlai. “Voi chiamate rinforzi. Noi invece vi precederemo ed aspetteremo lì.” Poi corsi fuori con Enor. Il tempo stringeva.

-1 ORA e 30 MINUTI
Pioveva ancora, e il faro era dall’altra parte della città.
I nostri cavalli sfrecciavano sulla terra fangosa.
Lasciammo la strada per prendere una scorciatoia nel bosco.
Hiiiiiii nitrì dolorosamente il mio cavallo mentre precipitava in terra, ed io con lui. Dopo un po' mi ripresi.

-1 ORA
“Dai, alzati Leon” sentii Enor esortarmi.
Ancora intontito alzai lo sguardo. Non credevo ai miei occhi.
Lui mi era di fronte. Mi alzai di scatto e sguainai la spada.
“Non vorrai che faccia del male al tuo amico.” Teneva un coltello sotto la gola di Enor, che mi guardava terrorizzato.
Dopo un attimo di esitazione lasciai cadere l’arma in terra.
“Ora girati e infilati le manette dietro la schiena” mi ordinò stringendo la lama sulla pelle del mio compagno.
Presi le manette e mi voltai. Vidi i cavalli contorcersi in terra. Oltre, una corda tra due alberi. Ci aveva teso un agguato.
Quando ebbi finito di ammanettarmi, il mostro mi invitò a non muovermi. Sentii un urlo e poi qualcosa cadere a terra.
Rise sguaiatamente mentre già sentivo la sua lama scivolarmi sotto il collo. Poi mi costrinse ad entrare nella boscaglia.
“Come facevi a sapere che ti avremmo scoperto?”
“Semplice. Perché io vi ho lasciato l’indizio”.

-50 MINUTI
Ero incredulo mentre mi spingeva tra la vegetazione.
“Credevi che avrei permesso a Orion una cosa simile? E poi vi ho sempre lasciato un indizio, o no? Io ho stretto quella pietra nel suo palmo” disse pieno di sè, “e dopo vi ho impresso quell’immagine. Purtroppo ho dovuto isolarmi per un po', così Orion ha avuto il tempo per ammazzarsi. Non mi rimaneva altro che nascondere la pietra ed aspettare. Ed infatti eccoti qua”.
“Dove mi porti?”
“In una capanna qui vicino, dove nessuno potrà disturbarci”.
Infine arrivammo ad un albero dove era legato un cavallo.
Provai un forte dolore alla nuca, poi l’oblio.

INCUBI
Dormivo. Sognavo lui. Nell’incubo mi aveva catturato.
Il mostro era Kong, quell’agente che ogni volta era sul luogo del delitto, a spiarci, come ci aveva detto il dottor Lechter.
‘Kong’ era un soprannome dato dai colleghi, siccome era un omone di due metri. Era noto per i suoi metodi violenti. Fu persino accusato di aver torturato dei sospetti durante i suoi interrogatori. Accuse mai provate, purtroppo.

-10 MINUTI
Qualcosa mi colpì al volto. Poi sentii tutto il corpo bagnato.
“E’ solo un sogno” pensai. Aprii gli occhi. L’incubo era realtà. Provai a fuggire, ma ero legato a una sedia. Ero in trappola.
Rise. “Spero stia comodo nell’umile dimora dove tu mi hai costretto a rintanarmi”. Mi indicò lo squallido arredamento.
Neanche risposi, e allora lui si finse deluso. Posò a terra un secchio e andò al tavolo. Lì prese degli oggetti e poi si voltò sorridendo. Stava affilando un pugnale con una pietra.

-8 MINUTI
“Perché lo fai? Cos’è che ti spinge?” gli chiesi. “Non capisco”.
“Perché?” disse incredulo. “Vuoi sapere perché giustizio i criminali?” La sua voce si stava alterando. “Perché ho punito quel prete pedofilo?” Ora era furibondo. “O quel mafioso e la sua troia che mi sorridevano mentre lui usciva dal tribunale col suo avvocato che con un cavillo aveva mandato a puttane un’indagine di mesi? E’ questo che vuoi sapere?” mi urlò in faccia, schizzando saliva dalla bocca e gesticolando isterico.

-7 MINUTI
“Orion era come te e gli altri. Lasciate che se la cavino e impedite alla giustizia di fare il suo corso tramite me. Per questo ho punito Orion e per questo ammazzerò anche te”.
Ansimava. Poi però fece un lungo respiro e mi sorrise calmo.

-6 MINUTI
“Con questo ho giustiziato il trafficante che avete ritrovato sparso per la stanza” mi spiegò mostrandomi il pugnale.
Perché mi diceva questo?
“Sentissi come urlava quando gli ho... ma questo già lo sai".
Mi voleva spaventare?

-5 MINUTI
“Purtroppo è morto prima che potessi dare sfogo al mio estro”.
Dove voleva arrivare?
“Adesso però ho altro materiale su cui lavorare. Vero Leon?”
Ecco cosa mi aspettava.
Non era una essere umano.
Non gli bastava torturarmi; voleva prima terrorizzarmi a morte.

-4 MINUTI
“Ma ora basta. Si gioca.” E con un ghigno mi mostrò il coltello.
Ecco, il mostro stava arrivando. Pareva una scena al rallentatore di un orribile dramma del quale ero spettatore estraneo.
Per un attimo credetti di vedere il demonio, Satana in persona venire a riscuotere il suo pegno di morte. Mi parlava, ma non capivo cosa dicesse. Alle mie orecchie arrivavano solo parole incomprensibili, come pronunciate dall’oltretomba.

-3 MINUTI
Ero paralizzato dalla paura mentre vedevo scintillarmi davanti il coltello che lui mi passava sugli occhi. Mi afferrò la camicia con le mani e la strappò.
Ora, con molta attenzione, mi faceva scivolare la lama lungo il petto, tagliandomi. La sua smorfia di piacere si trasformava in sorriso appena leggeva il terrore nei miei occhi.

-2 MINUTI
La lama salì fino a raschiarmi la barba incolta sulla gola, e poi mi accarezzo le guance.
Infine arrivò all’orecchio sinistro.
“Che orecchie lunghe!” commentò tagliandomi di netto il lobo.

-1 MINUTO
Divertito, gettò quel pezzo di carne dietro di sè.
Subito dopo però si fece serio e mi fissò rabbioso.
Strinse le mani sul manico e con forza mi puntò la lama al petto. Poi spinse.

ORA ZERO
Urlai.

1 ORA DOPO
“Che fine! Guarda com’è conciato” commentarono due agenti di fronte al cadavere orrendamente sfigurato.
“Basta, ragazzi” li riprese aspramente Enor.
“Come andiamo?”, chiese poi voltandosi.
“Andiamo bene, detective”.
“Mi fa piacere, Leon”.

ORA ZERO
Chiusi gli occhi ed urlai. Sentivo solo il mio grido. Poi nulla: non accadde nulla. Smisi di urlare ed aprii gli occhi.
“Ho detto posa quel coltello” udii intimare.
Kong era sconcertato, non capiva quello che succedeva.
“Posalo, o quant’è vero Odino ti trapasso da parte a parte”.
Il suo corpo mi impediva di vedere chi stava parlando. Spostai un po’ il capo: la porta era spalancata, e sull’entrata c’era Enor, che tendeva un arco con la freccia pronta a scoccare.
Kong si girò fissandomi. Poi cadde in terra, con una freccia che gli entrava dalla nuca e gli usciva dall’occhio.

1 ORA DOPO
“Pensavo che non saresti più arrivato”.
“Mi dispiace, ma mi aveva colpito forte. I rinforzi mi hanno trovato e rianimato. Abbiamo cercato invano una traccia utile a trovarvi. Poi ho pensato che forse ti aveva stordito, e così ho provato a contattarti in sogno col mio potere. Per fortuna eri svenuto. Giusto il tempo di farci indicare da qualcuno la capanna di cui mi hai detto in sogno, e siamo corsi qui. Ti ho sentito urlare e sono entrato. Il resto lo sai”.
Uscii sulla soglia a prendere una boccata d’aria.
Era l’alba... e aveva smesso di piovere.

 

Jason Arcuri è nato il 26 luglio 1972 a Roma, dove vive e frequenta la facoltà di Economia & Commercio. E’ un appassionato di giochi di ruolo e Nathan Never.
Ai tempi delle medie comincia a scrivere -nei suoi temi- racconti gialli e d'avventura; inoltre, si è cimentato con scritti umoristici, e ha in fondo al cassetto un romanzo su vampiri, licantropi e altro.
E' alla seconda partecipazione ad un concorso letterario, dopo quella a Una frase, un rigo appena nel '93.
"L’ultima pioggia" si rifà alle atmosfere del film "Seven", con omaggi a Dylan Dog, Besson e Harris.

 

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