La formula per il successo

Come inventare mondi fantastici e diventare famosi, secondo Bruce Heard
di Francesca Garello
[pubblicato su RiLL.it nel dicembre 2013]


Come si fa a scrivere un best-seller? C’è un segreto, un trucco sicuro per diventare un autore famoso?
Beh, non possiamo garantire che ce ne sia uno per diventare un romanziere come Dan Brown o Umberto Eco, ma a chi desidera diventare un famoso scrittore di giochi possiamo dare una mano.

La soffiata ce l’ha data uno dei più famosi autori di giochi del mondo, Bruce Heard, uno dei creatori di Mystara, l’ambientazione per Dungeons & Dragons (D&D) classico forse più giocata e amata.
Heard è stato infatti il relatore di un interessantissimo seminario organizzato a Lucca Educational 2013. Tema del seminario: la creazione di mondi fantastici.

Chi meglio di Heard poteva tenere un simile seminario?
Per chi non lo conosce bene riassumiamo in due parole una lunga e feconda carriera di creatore di mondi, rimandando per i dettagli al suo blog.
Nato e cresciuto in Francia anche se figlio di americani, ha lavorato inizialmente come traduttore per la TSR, la casa produttrice di D&D, per passare poi al ruolo di autore e coordinatore di un vasto gruppo di autori. Il successo del gioco, infatti, rese presto necessario poter contare su più autori che lavorassero in parallelo a produrre ambientazioni, moduli di gioco e storie correlate a D&D, in un sistema non dissimile a quello usato per le sceneggiature di opere seriali come le sit-com.
In seguito ha abbandonato la Wizard of the Coast (che nel frattempo aveva rilevato la TSR), che gli ha proibito di usare il mondo di Mystara per nuovi progetti. Per questo Heard ha deciso di mettersi in proprio e sta lanciando una nuova ambientazione che raccoglie l’eredità di Mystara e ne mantiene lo spirito, World of Calidar. Il progetto è illustrato e aggiornato sul blog di Bruce e sta per essere finanziato con Kickstarter.

Sono stata molto contenta di partecipare al seminario, dato che l’argomento mi coinvolge particolarmente. Non solo per anni sono stata un’accanita giocatrice di D&D (due volte a settimana, la domenica sessione lunga da dopo pranzo alla sera), ma in seguito ho anche ricoperto la carica di presidente dell’Associazione ludico-letteraria Lux in Tenebra, i cui membri sono appassionati di giochi di ruolo e narrativa e soprattutto creatori di un’ambientazione fantasy complessa, sviluppata nel corso di anni proprio per ospitare le sessioni di gioco. Come autrice di racconti fantastici, poi, la creazione di mondi mi interessa a scopo, per così dire, quasi professionale: non è troppo diverso inventare un mondo per collocarvi un gioco di ruolo o per ambientare una storia.
Infine, scrivere in collettivo è un’altra delle cose che mi appassionano, anche se finora le mie esperienze personali mi hanno convinta che sia un’attività divertente ma difficile a rendersi produttiva.

Capitano, mio capitano
Forse perché è stato autore di una lunga serie di racconti (usciti sulla rivista Dragon Magazine circa vent’anni fa) incentrati sull’allegro equipaggio della nave volante Princess Ark, Bruce Heard incarna le qualità di un bravo capitano. Sa guardare lontano e sa quale sia la meta che vuole raggiungere, sa motivare l’equipaggio lasciandolo libero di esprimere la propria personalità ma reprimendone gli eccessi e riportandolo sulla rotta quando si lascia troppo trascinare dalla corrente.

Al di là dei molti validi consigli su come scegliere un sistema di governo per la propria ambientazione, come stabilire una distribuzione demografica ragionevole per il nostro mondo, se dare più importanza alla magia o alla tecnologia, ciò che ho trovato veramente utile degli insegnamenti di Heard sono stati i “trucchetti” per darsi una direzione e una disciplina di lavoro.
Sembra una cosa scontata, e invece sovverte l’idea un po’ romantica che il creatore sia consumato dal fuoco della creazione e che si debba lasciar guidare da essa. In realtà, quando il lavoro di sviluppo è svolto da un team anziché da un singolo autore, il rischio di derive aumenta esponenzialmente. La mia esperienza personale di scrittura in collettivo, sia con l’Associazione Lux in Tenebra che con la Carboneria Letteraria, mi ha messa di fronte molto spesso a deviazioni dal percorso originariamente tracciato, che non sempre hanno condotto a nuove vie creative, ma anzi spesso si sono rivelate d’ostacolo ad una realizzazione organica del progetto iniziale.

Una domanda amletica, per cominciare
E veniamo al seminario.
Heard è un signore allegro e molto disponibile. Si vede che l’argomento gli interessa al di là del suo ruolo professionale. L’incontro doveva durare un paio d’ore e invece è stato prolungato, su sua proposta, di quasi un’altra ora. Inventare mondi è per lui una passione e un gran divertimento. E infatti ha aperto l’incontro con una domanda quasi filosofica, che chissà quante volte gli è stata posta o si è posto lui stesso: dove bisogna fermarsi quando si inventa un mondo?
Il ruolo di Creatore, infatti, è divertente, anche troppo. Il problema più grosso non è dove arrivare, ma dove fermarsi.
Questa è una riflessione che ho fatto spesso anche io, sia coordinando gli autori/ scrittori di Lux in Tenebra sia scrivendo da sola: inventando mondi si comincia con l’idea di buttar giù a grandi linee le basi generali di un’ambientazione (fantasy o fantascienza? Un paio di lune o cielo “terrestre”? Quale livello tecnologico?) e poi si finisce a perdere settimane descrivendo casa per casa un unico quartiere periferico di una città (mi autodenuncio, questo l’ho fatto io).

Heard dunque ci ha subito messi in guardia dal pericolo di lasciarsi trasportare fuori rotta e ci ha fornito alcuni criteri di “autolimitazione”. L’estensione e la profondità di quanto creiamo deve essere stabilita pensando a chi/ cosa scriviamo: se creiamo per noi stessi, per il piacere di disegnare un nuovo universo, l’unico limite è quello della nostra passione; se stiamo scrivendo per un gioco, invece, dobbiamo capire quali sono le cose di cui hanno veramente bisogno i giocatori.

Superare i primi ostacoli
Poiché ha una lunga esperienza di coordinamento di gruppi di autori, Heard sa quali sono i punti dolenti su cui si arenano anche le menti più creative.

Il primo ostacolo è la paura del foglio bianco.
Heard in realtà lo considera la base per una buona e creativa partenza. Consiglia infatti di cominciare qualunque processo creativo scrivendo sul minaccioso foglio bianco tutto, ma proprio tutto, quello che ci viene in mente di mettere nel nostro mondo, e anche di farlo senza alcuna logica. Per non essere bloccati da troppa “ansia da prestazione” basta fare una lista di argomenti che ci sembrano importanti, incolonnandoli uno sull’altro anche se non hanno apparentemente alcun rapporto tra di loro. Solo in un secondo momento si può passare a collegare alcuni argomenti tra loro con delle linee, creando una ragnatela che solo apparentemente è casuale. Presto si cominceranno a vedere i nessi, e si individueranno aree logiche di intervento.

Il secondo ostacolo è (sorprendentemente) la troppa concentrazione, per non dire ossessione, che ci prende quando facciamo qualcosa che ci piace. Si rischia di perdersi dietro ai particolari e trascurare la visione d’insieme e, appunto, descrivere gli alberelli di un unico quartiere di un’unica città e non stabilire, magari, che tipo di agricoltura sfama l’intero reame.
A questo punto il consiglio di Heard è di andare a fare una passeggiata. Staccare, insomma. Fare qualcos’altro. E poi applicare una formula che, garantisce, ci porterà a produrre un capolavoro di pubblico e di critica!
Ma non voglio svelarla troppo presto. Andiamo avanti e esaminiamo quali sono i punti essenziali per dare al nostro gioco (o romanzo) un inizio solido e promettente.





Critica e autocritica
Condizione fondamentale per decidere se vale la pena di lanciarsi nella produzione di un nostro lavoro e chiedersi se possiede qualcosa di veramente unico. Certo, ogni scarrafone è bello a mamma sua, quindi è ovvio che ogni autore pensa sempre che il suo lavoro ha qualcosa di speciale che gli altri non hanno. Ma è vero?
Questa è la domanda che Heard ci spinge a farci, e non una volta sola. La prima volta dobbiamo porcela all’inizio del nostro lavoro. Cosa c’è nel mio mondo che è veramente unico?
Cosa può spingere la gente a comprarlo e, aggiungerei io nel caso di un autore di narrativa, cosa spingerebbe un lettore a comprare e leggere il mio libro?
Stabilito che questa uniqueness, come l’ha chiamata lui, esiste, possiamo lavorare. Ma la domanda va ri-tirata fuori quando il lavoro è ormai arrivato all’80% dello sviluppo. C’è ancora questa speciale caratteristica? Se sì, si finisce il lavoro. Se no, si torna indietro e si riscrive.

E come si fa a capire se il nostro gioco (o romanzo) ha elementi di originalità? Bisogna fare i compiti! Cioè informarsi, sapere cosa offre il mercato, leggere molti libri se si vuole scrivere un romanzo, o giocare molti giochi se è quello l’obiettivo finale.
E qui non ho resistito a fare una domanda: cosa conviene di più ad un autore sconosciuto, accodarsi a un trend ben consolidato e che vende bene e incoraggiare così un editore a puntare dei soldi su di lui, oppure rischiare e cercare un’altra via, più originale ma di incerto gradimento da parte del mercato? Il mio pensiero andava ai tanti romanzi nati sulla scia dei vampiri romantici di Twilight, che saturano le librerie nel settore fantasy. Mi chiedo sempre come fanno a vendere, dato che mi sembrano tutti uguali.
La risposta non è scontata. Heard ovviamente consiglia l’originalità, ma non lo fa in nome di un principio astratto (“perchè copiare è una cosa brutta”). La caratteristica che più mi ha colpito di lui è il pragmatismo. Sconsiglia di seguire un trend perché, prevedibilmente, quando avremo finito di scrivere il nostro gioco questa tendenza sarà ormai vecchia, e sembrerà vecchio anch’esso. Lo vogliamo vendere o no? E allora bisogna pensare a qualcosa di nuovo, o, al massimo, analizzare il trend per capire dove sta andando, e quindi piazzarci al punto d’arrivo di questo percorso. Ma questo mi pare difficile per chi non sia un professionista navigato come lui.
Vero è, come ha osservato lui, che anche se essere “unici” non garantisce di avere successo di vendita, l’originalità dà maggiori chance di ottenerlo.

Un altro dei partecipanti ha chiesto quindi se conviene pubblicarsi da soli. Domanda molto attuale anche per il mondo della narrativa. Heard è convinto di sì, ed è appunto quanto sta facendo lui stesso con la nuova ambientazione di World of Calidar. Al centro dell’ambientazione c’è di nuovo una nave, la Star Phoenix, che si ispira alla Princess Ark, pur navigando in nuovi cieli.
Sul blog di Bruce ci sono molte anticipazioni su questa ambientazione cui sta lavorando, comprese magnifiche cartine e molti racconti, perché il nostro Bruce è dell’opinione che mettere materiale su Internet non sia pericoloso, non porti a possibili plagi. Sostiene, anzi, che più una cosa è fatta circolare e associata pubblicamente a un autore più è al sicuro, perché è facile dimostrare (eventualmente) che gli è stata rubata o copiata.
Di questo mi permetto di dubitare: forse se una cosa condivisa in Rete è associata al SUO nome è al sicuro, dato che è piuttosto noto, ma se qualcuno copiasse o rubasse l’abbondante materiale relativo all’ambientazione della mia piccola associazione, chi se ne accorgerebbe mai?

Consigli ai naviganti
In quasi tre ore di seminario Bruce ci ha dato molti consigli utili: alcuni un po’ prevedibili per chi ha un po’ di buon senso (se metti 200 draghi in un dato territorio, sei certo che esista una catena alimentare in grado di sostenerli?), altri più sottili (attenzione a concedere vite troppo lunghe a certe categorie di personaggi, tipo gli elfi per loro costituzione o i maghi per “acquisizione artificiale”. Come si gestiscono personaggi che non spariscono mai dall’ambientazione? Monarchi eterni, dittatori inamovibili... possono bloccare le storie).
Dei tanti, però, alcuni mi sono sembrati veramente degni di nota per la semplicità e l’efficacia sia in campo ludico che narrativo.

- per determinare la struttura base di un mondo (sociale, economica ecc.) partire dalla cartografia. Se per esempio disegniamo un mondo desertico (come in Dune) l’accento sarà sempre sull’acqua: chi la possiede, chi la controlla, chi non l’ha e la vorrebbe. Questo determina chi comanda, chi obbedisce, chi vorrebbe ribellarsi: le tensioni generano storie.

- per disegnare una cartografia coerente, partire da un’ampia porzione di territorio (un continente) anche se a noi interessa solo una piccola regione. La sua esperienza con Mystara, infatti, gli ha insegnato che se si producono tante piccole mappe di piccole aree slegate perché in principio ci interessano solo quelle, poi quando si passa a metterle insieme per formare una cartografia generale ci si scontra con le dimensioni reali del globo e si è costretti a fare pasticci. È un problema di proiezione cartografica che va affrontato da subito.

- per descrivere una nuova e originale società non è necessario inventare cose strane: è sufficiente ispirarsi alle numerosissime culture esistenti sul pianeta Terra, mescolandole e prendendo elementi da questa e da quella. Il vantaggio è che, siccome sono reali, sono coerenti, quindi funzionano. Ci sono cose molto “aliene” anche qui, solo che non le conosciamo. Studiare è la base di partenza.

- per delineare un sistema economico (che valore hanno i beni, come vengono scambiati ecc.), partire dal pane. Quanto costa il fabbisogno giornaliero di pane nel nostro mondo? Poniamo sia 1. La giornata di un bracciante varrà 1,5; un cavallo costerà 25; un’armatura completa salirà a 200... e via così.

-per consentire lo sviluppo di storie è necessario il conflitto. Quindi ogni volta che si inventa un personaggio dobbiamo creargli un avversario che persegue uno scopo opposto, quale che sia. Lo stesso vale per i mostri/ creature, per i regni, per le singole città eccetera. È possibile rimandare lo sviluppo di un antagonista a momenti successivi, ma bisogna comunque tenerlo presente.

La formula magica per il successo
Va bene, lo so. Avete letto fin qui solo per sapere qual è la formula del successo rivelataci da Bruce Heard. Ogni promessa è debito, quindi eccola qui:


Che, tradotta in un linguaggio più naturale, vuol dire: impegnatevi parecchio, passate anche le nottate a lavorare e creare, ma non dimenticate che dovete anche riposarvi e ogni tanto mollare tutto e rilassarvi. Così nascono le idee.


(le foto a corredo dell'articolo sono di Livia Alegi)

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