Il grande gioco dell'inventare storie

Intervista a Luca Giuliano sul saggio, da lui curato, Il Teatro della Mente - Giochi di ruolo e narrazione ipertestuale (ed.Guerini e associati, 2006), dedicato alle tante forme di "letteratura per gioco"
di Alberto Panicucci
[pubblicato su RiLL.it nel dicembre 2006]

Fra i più importanti autori italiani di giochi (di ruolo) si distingue Luca Giuliano, sociologo e professore universitario a “La Sapienza” di Roma.

Chi ha frequentato il mondo ludico nostrano negli ultimi due decenni ha avuto modo di incontrarlo, meglio, non ha potuto certo non incontrarlo, sia per le iniziative connesse strettamente ai suoi giochi (su tutti On Stage!, Il gioco dell'attore) sia per la sua attività di studioso del gioco di ruolo come nuova forma di espressione della creatività.

Dopo avere ricevuto a Lucca Comics & Games 2005 il premio Best of Show alla carriera, il nostro Luca (dico "nostro" perchè noi RiLLini ci onoriamo di conoscerlo da molto tempo, e abbiamo il piacere di averlo da sempre nella giuria del Trofeo RiLL) ha portato quest'anno alla kermesse toscana un saggio da lui curato, senza dubbio impegnativo, ma anche decisamente stimolante.

Il teatro della mente - Giochi di ruolo e narrazione ipertestuale (ed. Guerini e Associati, 2006) si concentra sulle molteplici forme di “letteratura per gioco”, sempre più diffuse negli ultimi trent’anni, a partire dai giochi di ruolo e i libri-game sino ad arrivare a Internet, nelle cui pieghe tali attività ludiche hanno trovato l’ambiente ideale per rinnovarsi.

Il volume ospita una serie di interventi di esperti, come Andrea Angiolino, Alessandro Ivanoff, Beniamino Sidoti e Luca Giuliano stesso, sulle varie sfaccettature di questo fenomeno: libri-gioco, avventure virtuali per computer, giochi per posta elettronica, esperimenti di scrittura collettiva, giochi di interpretazione…
Punto di partenza e trait-d’union delle tante diverse esperienze analizzate è che l’invenzione letteraria può essere condivisa da gruppi di persone. Gruppi di persone sedute intorno a un tavolo, raccolte su un palco o collegate in rete coi loro pc, e desiderose non di ascoltare (o leggere) una storia già concepita e portata a termine da un autore terzo, ma di svilupparla, insieme, partecipando a un processo di ideazione collettiva che li porti ad essere protagonisti e contemporaneamente creatori di queste storie e del mondo fantastico scelto come sfondo (la Londra di Sherlock Holmes o la Terra di Mezzo di Tolkien, ad esempio).

Si tratta, vorrei dirlo chiaramente, di un bel libro, in grado di sorprendere e incuriosire tutti i non giocatori appassionati di letteratura, specie se dotati di una certa dose di immaginazione (e magari desiderosi di usarla). Anche un giocatore (di ruolo e non) potrà comunque trovare la lettura stimolante: sia per il numero delle forme ludiche considerate (dopotutto, non si finisce mai di imparare... e di giocare!) sia perchè il saggio offre anche un'agile ma sistematica rassegna delle ricerche e degli studi che economisti, psicologi, semiologi (ed anche filosofi!) hanno dedicato al "gioco". E, se è vero che per giocare non c'è bisogno di molto più della propria fantasia, è senza dubbio di interesse "scoprire" con quanta attenzione e con quali risvolti un'attività spesso ritenuta futile e superficiale (da bambini o bambinoni, se preferite) è stata analizzata nel tempo.

Ma diamo la parola a Luca Giuliano, ora...

Nel libro, sin dalla quarta di copertina, si parla di "letteratura per gioco". In altre occasioni, tu hai parlato di "letteratura interattiva" (sei anche presidente dell'omonima associazione, che bandisce dal 2005 il premio Gloria Sadun per i migliori giochi di questo tipo). Vogliamo provare a definire, in breve, questo concetto?

Il libro di cui stiamo parlando dimostra implicitamente l'impossibilità di definire la "letteratura interattiva" attraverso una generalizzazione.
Potrei dire, con la massima sinteticità ma anche con un senso di tradimento verso la complessità del tema, che la letteratura interattiva è un insieme di convenzioni e tecniche che ci permettono di vivere delle narrazioni per (attraverso il) gioco.
D'altra parte il valore aggiunto del gioco alla narrazione è dato soprattutto dal fatto che per giocare non basta mostrare come sono le cose che non esistono (la fiction) ma bisogna riprodurre o simulare come sono le cose che non esistono fino al punto di far credere che esistano davvero (almeno, per chi accetta di partecipare al gioco).

"Il teatro della mente" è il libro di riferimento del corso "Strategie di narrazione ipertestuale" che tieni presso la Facoltà di Scienze della Comuncazione dell'Università "La Sapienza" di Roma. Ma, oltre a questo, come lo consideri e come va considerato?

Credo soprattutto che il libro, grazie anche all'aiuto indispensabile dei collaboratori che hanno partecipato con me a questo lavoro (Andrea Angiolino, Roberto Grassi, Alessandro Ivanoff, Gevisa La Rocca, Beniamino Sidoti e Stefano Zanero) rappresenti lo stato dell'arte su questo argomento.
Sono ormai diversi anni che seguo gli sviluppi del gioco di ruolo in tutte le sue metamorfosi e spero, pertanto, che ora qualcun altro possa proseguire su questa strada perché, per quanto mi riguarda, d'ora in poi i miei interessi di studioso mi porteranno altrove, anche se naturalmente continuerò ad occuparmene come autore e giocatore.

In un altro tuo intervento su RiLL.it, dici che l'esigenza di narrare nasce con l'uomo, le grotte di Lescaux lo testimoniano. Questo stesso concetto lo hanno ripetuto tanti scrittori... Secondo te perchè c'e' (ancor oggi) questa esigenza di inventare e raccontare storie? E, piu' nello specifico, perché ritieni che si siano sviluppate queste forme di letteratura interattiva?

E' vero che molti scrittori hanno celebrato la necessità di narrare (quella che Caillois definiva la "pulsione della mimesi"), però non sono stati molti coloro i quali hanno risposto al bisogno di uscire dal mondo e di abitare i mondi possibili mettendo il lettore-giocatore all'ingresso di un labirinto, cercando di spingerlo all'interno e costringerlo così a compiere delle scelte, a diventare un po' protagonista della storia. Tra questi scrittori possiamo annoverare Flaubert, Borges, Calvino, Cortazar, Perec e alcuni altri
che sono citati nel libro.

Noi oggi abbiamo bisogno più di prima di ricomporre i frammenti della nostra vita (e non intendo quelli della vita personale di ciascuno). La narrazione reticolare e non lineare tipica del gioco di ruolo è lo specchio che ci mostra più il nostro futuro che il nostro presente. Ci permette di guardare avanti.
Purtroppo quello di guardare al passato anziché al futuro è un vizio piuttosto diffuso. E' in corso una mutazione antropologica cui non è estranea l'esplorazione dell'identità, che un tempo era vista come qualcosa di unitario. Vivere identità molteplici, giocando, è anch'esso un modo per combattere i fondamentalismi di ogni genere.

Puoi spiegare meglio quest'ultimo concetto? Mi sembra molto interessante...

E' lo stesso tema che tratto ne I padroni della menzogna (ed. Meltemi, 1997, NdP).

Il mondo attuale ci chiede flessibilità, capacità di esercitare slittamenti di identità e anche di saper tollerare la diversità e la molteplicità.
Sono cose difficili da accettare, perché siamo stati tutti abituati a considerare la nostra identità come qualcosa di coerente e unitario che si conquista nell'adolescenza e poi rimane sostanzialmente identico per tutta la vita. Invece ora ci viene richiesto di rimetterci continuamente in discussione, di confrontarci, di esporre continuamente alla critica le nostre convinzioni. C'è chi reagisce a tutta questa "frammentazione" con la risposta -rivolta al passato- del fondamentalismo (religioso, per la maggior parte, ma qualche volta anche etnico, ad esempio inventando di sana pianta un "mito delle origini" inesistente come quello della Padania celtica).
Assumere identità molteplici, che è tipico nel gioco di ruolo e nella narrazione non lineare, rappresenta invece una risposta rivolta ad un futuro di maggiore tolleranza reciproca. Una risposta che riguarda un mondo "micro", quello del gioco, appunto, ma non per questo meno significativa per chi cerca di rintracciare i segni del cambiamento.

Nel libro ripeti spesso che tu non ti occupi di qualità letteraria, ma della produzione, dell'attività stessa che genera questi testi "interattivi". Ritieni che il riuscire a produrre testi letterariamente validi o addirittura particolarmente validi (intendo di successo presso il grande pubblico o la "critica") sia la sfida del futuro per tutti coloro che portano avanti e animano questi processi creativi?

Sì, certo, io non mi occupo di qualità letteraria. E' l'ultimo dei miei pensieri. Non sono un critico della letteratura e non sono nemmeno uno scrittore di fiction. Ciò che mi interessa è il modo in cui viene "vissuta" la narrazione e la fiction, e come può contribuire alla ricerca della riflessività (un maggior controllo sull'ambiente) e della serenità (una
volta si diceva "felicità", ma ora sembra una parola grossa) cui tutti abbiamo diritto almeno in qualche pausa della vita.

La "letteratura interattiva" è una sfida che è già iniziata ma, purtroppo, per ora è stata raccolta con successo solo da chi ha saputo coglierne il profitto in termini finanziari, e mi riferisco ai MMORPG (Massive Multiplayer Role Playing Game) come World of Warcraft, versioni di massa e francamente un po' riduttive della bisogno di mimesi di cui parlavo prima.

Letteratura interattiva e Rete (e computer). Un legame molto stretto...

La Rete ha permesso la sopravvivenza del gioco di ruolo nei momenti difficili. Oggi gran parte della sperimentazione e della ricerca in questo campo passa attraverso la comunicazione in rete e la costituzione di "comunità di giocanti" che poi trovano anche momenti di incontro nella vita reale. In qualche caso i gruppi sono, come sempre
accade, un po' troppo chiusi e rischiano di allontanare i neofiti e i curiosi, decretando così la loro inevitabile natura elitaria.
Internet è un formidabile veicolo di diffusione delle idee ma spesso - dal momento che non ha vincoli territoriali e, in parte, nemmeno linguistici - dona l'illusione di "esserci perché si è in tanti". Bisognerebbe riflettere sul fatto che la quantità è sempre relativa. Mille giocatori di ruolo altamente specializzati e fortemente motivati a livello mondiale non hanno alcuna possibilità di incidere sul piano culturale, anche se tra di loro possono sentirsi forti e legati da una identità comune. I giocatori di MMORPG sono qualche milione nel mondo, eppure la maggior parte della gente non sa nemmeno che esistono e viene a sapere delle loro vicende solo quando assumono qualche aspetto scandalistico o di costume attraverso gli articoli di giornali spesso male informati.
Tu non immagini la mia sospresa, quando ho iniziato il corso di "Strategie di narrazione ipertestuale" a Scienze della Comunicazione a La Sapienza, nel vedere quanto poco o nulla ne sapessero di questi argomenti gli studenti che, anche per la scelta di studi, dovrebbero essere il serbatoio naturale di queste riflessioni.

Quale fra le diverse forme di letteratura per gioco è per te la più feconda, in prospettiva?

Per quanto mi riguarda, ritengo che il massimo dello sforzo produttivo e di formazione dovrebbe essere rivolto al gioco di ruolo da tavolo e al freeform dal vivo per piccoli gruppi. Sono le forme classiche e più accessibili di gioco di ruolo, ma soprattutto sono quelle che hanno una maggiore valenza socializzante ed eticamente fondata.

Nel primo capitolo del libro passi in rassegna le tante "teorie" del gioco e sul gioco, di studiosi come Caillois, Von Neumann, Schiller o Huizinga, per citarne solo alcuni. Ma, per te, "solo" per te, oggi e in passato, cosa è (e cosa è stato) il gioco?

Abbiamo iniziato con una "non definizione" e terminiamo nello stesso modo.
Posso dirti che cosa mi piace di più in quella attività che chiamiamo "gioco" e cosa mi piace di meno.
Ciò che mi piace di meno è la componente agonistica, che porta con sé il tarlo della prevaricazione. Francamente sono più attratto dalla condivisione della fantasia. Ma ogni gioco riesce bene quando i giocatori sanno mantenere un giusto equilibrio tra queste due tendenze: la cooperazione e la competizione.

 

....Su queste sagge parole, su cui davvero ogni giocatore dovrebbe riflettere, almeno a mio avviso, si conclude questa chiacchierata con Luca Giuliano. Che in queste poche righe ci ha annunciato fra l'altro che Il teatro della mente segna un po' un punto a capo nella sua attività di studioso, attività che adesso si dirigerà su strade e argomenti diversi da quelli legati al gioco di ruolo e alla letteratura interattiva. Non possiamo non cogliere l'occasione per ringraziarlo, sinceramente, per quel che ha fatto in tutti questi anni in ambito culturale per la diffusione, la comprensione e anche la difesa dei nostri giochi preferiti.

 

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